Biografia di Antonio Bui
Antonio Bui
Una personalità di particolare rilievo tra gli artisti bergamaschi della seconda metà del Novecento è quella di Antonio Bui che con grande impegno si è dedicato a una laboriosa ricerca individuale affrontando, con attitudine non comune, la pittura e la scultura. Nato a Martinengo il 17 agosto 1930 da Giulio e da Agata Seghezzi, nel 1947 Antonio Bui si iscrive alla Scuola di Pittura dell’Accademia Carrara diretta da Achille Funi. Prosegue poi gli studi sotto la guida di Trento Longaretti e consegue il diploma nel 1955. Bui si avvale di un linguaggio espressivo che gli permette di rivelare i suoi stati d’animo, le sue emozioni quotidiane, le sue inquietudini di uomo e di artista, con uno stile originale e personale frutto della sua ricerca autonoma. In una simbologia di immagini oniriche, Bui raffigura visioni di un mondo fantastico basate su di una realtà poetica soggettiva. In diretta connessione con le tensioni interiori dell’autore, nelle sue composizioni scorre una rappresentazione allegorica dell’umanità sofferente, angosciata dalle incognite della vita, alla ricerca di un punto d’appoggio che la rinfranchi, di un’esistenza nuova che la riscatti. In questo scenario si sviluppa il discorso artistico con il quale Antonio Bui concepisce un consistente numero di opere nelle quali si alternano e si fondono “forma e poesia, immagine e simbolo plastico”. Sottili risonanze delle formulazioni provenienti dalle numerose correnti e tendenze del Novecento sono ben compendiate nella concezione artistica entro la quale il pittore impegna il talento, il gusto e la sensibilità di cui è dotato. Bui non si pone il problema di soddisfare le tradizionali preferenze del pubblico, del quale intende stimolare la libera interpretazione. Uomo affabile ma riservato e di poche parole, ama pensare che l’artista debba instaurare un’autentica comunicazione con il fruitore attraverso la sua opera. Il disegno di Antonio Bui è incisivo. Nella sua ricca tavolozza i colori sono materici ed espressivi. A volte definisce il soggetto rappresentato con cromatismi ridotti all’essenziale e con contrasti netti. Per realizzare i suoi dipinti usa gli oli, gli inchiostri colorati, le tempere, i colori acrilici, il carboncino, le chine.
Fin dagli anni Settanta Antonio Bui produce opere di scultura con spiccata abilità nel plasmare le forme.
I materiali usati per le sculture sono il legno, il bronzo con il procedimento della fusione a cera persa, la pietra e la terracotta. Scultore per vocazione, Bui realizza le varie composizioni plastiche dopo un serio lavoro preparatorio basato su molti disegni e studi. Le sculture a tutto tondo ampliano il messaggio contenuto nei dipinti perché più definite e più sostanziali. In esse l’artista riesce a infondere, con maggior efficacia e forza espressiva, il suo temperamento artistico già riversato, in maniera suggestiva, nei lavori di pittura. Le sue eleganti composizioni, dalle quali emergono tra l’altro piacevoli immagini femminili, come annota L. G. Volino, esprimono “la delicatezza dell’immagine, il candore di una liricità nella trasparenza di una significazione interiore poetica e umana”. Dopo varie partecipazioni a mostre collettive, nel 1961 Antonio Bui inizia la serie delle esposizioni personali. Con assiduità presenta la sua produzione artistica alla Galleria “La Garitta” del Circolo Artistico Bergamasco e alla Galleria “ La Torre”. Altre esposizioni personali sono allestite in città alla Galleria D’Arte Bergamo, all’Araldo, alla Alexia, alla Galleria Torquato Tasso, alla “Fontana del Delfino” e alla Galleria Fumagalli. Sue mostre sono state allestite anche in numerosi centri della Lombardia e a Bologna. Molti sono gli allievi che frequentano il suo studio. Bui, con grande umanità, insegna le tecniche, gli stili, l’evoluzione dei linguaggi artistici e aiuta i giovani a conoscere i frutti della loro creatività e a sviluppare una capacità critica nei confronti del proprio lavoro. Antonio Bui muore improvvisamente a Bergamo il 1° maggio 1996. La produzione di questo artista dotato e autentico, che per tanti anni ha operato nel campo dell’arte con grande impegno e coerenza stilistica, nel ventennale della scomparsa meriterebbe di essere rivisitata, con un’esposizione antologica che ne ripercorra i suoi racconti fantasiosi e sensibili, ricchi di umanità e di poesia.