Biografia di Ennio Chiggio
Compie studi tecnici e poi artistici a Venezia ove frequenta con discontinuità l’Accademia e la Facoltà di Architettura. Durante gli studi nel 1957 inizia a dipingere adoperando piccoli addensamenti grafici informali a china nera su carta e composizioni a tempera con campi cromatici contornati da segni neri su cartoncino. In quel periodo i suoi interessi cambiano e si sviluppano rapidamente, visitando le mostre organizzate a Venezia e Milano nelle gallerie private e nelle istituzioni come Palazzo Grassi e la Biennale, La Triennale o attraverso la lettura di riviste come SeleArte, Le Arti, Arte Oggi ed i primi libri d’arte delle editrici internazionali pubblicati in Italia. Nel 1958-59 frequenta un gruppo di giovani artisti padovani che seguono i corsi liberi presso lo studio del Prof. Travaglia, docente aperto alle ultime tendenze dell’arte contemporanea e dell’architettura. Alcuni di questi allievi fondano nel 1959 a Padova il Gruppo Enne a cui Chiggio si unisce. Dapprima è un gruppo allargato di giovani che cerca di seguire gli avvenimenti artistici locali ed in qualche maniera presenziare ai vari concorsi per opere d’arte negli appalti pubblici. Queste prime esigenze, che sottintendevano anche problemi più sostanziali, vengono progressivamente alla luce, si precisano gli obiettivi e quindi più tardi il gruppo si restringe a cinque elementi; si supera la gestualità informale per aderire a composizioni formali più strutturate in senso costruttivista con una più spiccata attenzione alla psicologia della forma. Tali scelte vengono stimolate da Massironi e Biasi tramite le esposizioni organizzate a Padova con le modalità operative degli artisti Motus e dagli incontri con Castellani e Manzoni a Milano presso Azimut. Chiggio influenzato positivamente da tali strutture visive inizia ad operare su spazi sequenziali e ripetitivi sviluppando la componente fenomenica dell’atto artistico. Dalla fondazione del Gruppo Enne fino al 1964, fortemente motivato dall’operare collettivo, agisce all’interno delle ricerche visuali di gruppo anche durante il periodo di assenza per prestare servizio militare, informato da Biasi e Costa sulle attività di gruppo attraverso una copiosa corrispondenza. Al rientro a Padova, definisce sempre con maggiore precisione l’ambito operativo costruendo “oggetti” ottenuti dalla piegatura e taglio di cartoncini neri, come struttura materiale percettiva in grado di superare l’aleatorietà pittorica del quadro informale. Le attività all’interno del gruppo si fanno più intense e si sviluppa la coscienza di opere-oggetto capaci di modificare l’apprendimento e la fruizione artistica secondo le teorie della forma, dell’informazione e della meccanica quantistica; in questo momento risultano fondamentali nell’approccio alla conoscenza le letture dei saggi di John Dewey. Il gruppo, già intorno al 1961, definisce i propri oggetti visuali come “Opera Aperta”, secondo la definizione data da Umberto Eco, e con sempre maggiore precisione pone gli enunciati dell'Arte Programmata e cinetica; in quegli anni vengono precisandosi con l’apporto degli storici dell’Arte Giulio Carlo Argan e Umbro Apollonio i presupposti del fare collettivo. In quel periodo gli interessi individuali di Chiggio aprono anche alle problematiche della poesia visiva, al concretismo fotografico e alla musica sperimentale che verranno presentati nella mostra personale presso lo studio Enne come le tre raccolte di elaborati visivi poetici e l’Album fotografico Muralia. Questi interessi, che accomunano anche gli altri membri del collettivo, portarono poi alle famose mostre tematico-didattiche presso lo studio Enne, così necessarie sul piano epistemico di ricerca e su cui molto impegno fu speso. Il netto rifiuto della individualità per esaltare il processo creativo collettivo troverà sempre difficoltà ad attuarsi, sebbene Chiggio fu sempre convinto sostenitore di una progettualità di gruppo che si dovesse presentare all’esterno anonima; molte opere infatti, prodotte dal 1960 al 1965, furono eseguite individualmente ma vennero concepite all’interno della formula collettiva e con tale atteggiamento furono inviate alle varie manifestazioni. Oggetti presenti tuttora in musei internazionali, per ragioni di mercato e istituzionali, per negligenza anche, compaiono con i nomi degli esecutori, interpretati come ideatori singoli. Si vuole qui ricordare che in modo molto affrettato, alla stesura del libro sul Gruppo Enne curato da Italo Mussa, si dette ulteriore consistenza a tale atteggiamento contraddittorio, mentre il regolamento di gestione economica del sodalizio prevedeva una gestione collettiva. Chiggio ritiene molto importanti, per la sua formazione artistica, gli scambi di informazioni con gli artisti internazionali confluiti nelle Nuove Tendenze e il clima irripetibile degli incontri con il critico Matko Mestrovic avvenuti a Padova e poi anche a Zagabria. Almir Mavignier conosciuto nelle Nuove Tendenze e frequentato assieme a Toni Costa durante i soggiorni patavini, si fa mediatore Thomas Maldonado per la mostra del gruppo allo Studio F di Ulm. In quell’occasione gli Enne visitano la Hochschüle für Gestaltung e le ricerche percettive di gruppo sono ritenute così importanti per la didattica della comunicazione visuale della scuola ulmiana che si ritenne possibile aprire uno spazio permanente di ricerca in quella sede. Negli stessi anni, durante la frequentazione alla Facoltà di Venezia come studenti, i lavori degli Enne interessano anche il Prof. Carlo Scarpa che inoltra al C.N.R. una richiesta di finanziamento per l’apertura di una struttura laboratoriale presso l’Istituto di Architettura di Venezia, di cui Chiggio cura la redazione epistolare. Analoga situazione si prospetta presso la Facoltà di Lettere di Padova con il Prof. Umbro Apollonio in appoggio alla sua cattedra di Arte Contemporea appena costituita. Tali procedure didattiche fortemente volute da Chiggio e dagli Enne non trovano però attuazione dato il clima culturale di quegli anni non disponibile, in ambito didattico, alle confluenze tra accademico e privato. Proseguendo gli interessi che si erano già manifestati durante la mostra sulla musica sperimentale presso lo studio Enne a cura di Silvano Bussotti, nel 1964 Chiggio fonda con Teresa Rampazzi il Gruppo di fonologia sperimentale NPS (Nuove Proposte Sonore) per la produzione di oggetti sonori (Musica elettronica). Chiggio apre uno studio attrezzato con apparati per la produzione di eventi sonori sintetici di cui cura anche l’aspetto teorico e il sistema di notazione. Alcuni oggetti di Chiggio/NPS fanno da spazio sonoro sia nella sezione del Gruppo Enne alla XXXII Biennale di Venezia nel 1964 e sia alla retrospettiva al Museo d’Arte Moderna di Lodz del 1967.