Biografia di Mario Menin
Nacque a Padova il 9 dicembre 1896 da Luigi e da Pasqua Rinaldi.
Studiò presso l’istituto d’arte della sua città, dove insegnò dopo essersi diplomato a Venezia. A questo periodo possiamo far risalire un compianto sul Cristo morto, dipinto dai forti toni arcaizzanti.
Chiamato alle armi il 27 nov. 1915, in dicembre venne trasferito a Roma.
Nel corso dello stesso anno, presso il distaccamento di artiglieria di Bracciano, ebbe il primo incontro con Filippo Tommaso Marinetti, che acquistò un suo disegno per 28 lire. Successivamente fu in zona di guerra; venne congedato il 15 dicembre 1919. Alla seconda metà degli anni Venti si possono ascrivere due opere nelle quali Menin ritrasse la madre e le sorelle, evocando atmosfere sospese, mediante soluzioni stilistiche derivanti dal realismo magico di Felice Casorati.
Il 10 febbraio 1930 si trasferì a Roma. Arruolato il 17 agosto 1935 come volontario nella divisione «28 Ottobre» diretta in Etiopia, al suo arrivo in Africa orientale incontrò nuovamente Marinetti, con il quale strinse un sodalizio durato fino alla morte di quest’ultimo.
Su suggerimento del poeta, nel 1936 abbozzò e dipinse sul campo i suoi lavori più noti: scene di battaglia di grandi dimensioni dalle tonalità accese, animate da linee-forza, quali Combattimento Uarieu vissuto dalla camicia nera futurista Menin e Combattimento Uorc Amba vissuto dalla camicia nera futurista Menin della 28 Ottobre (entrambe a Milano, collezione privata), o Autocarrette nel Tembien (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), composta da profondi contrasti chiaroscurali. Allo stesso tempo espresse l’interesse per il paesaggio etiope in opere dallo stile compendiario come Amba Carnalè: passo Uarieu (già Roma, Museo africano: questa e la precedente sono riprodotte in Margozzi, 2005) e raffigurò episodi di vita militare in lavori di ispirazione documentaria di stile naturalistico.
Spinto da sincero entusiasmo per le composizioni belliche del M., Marinetti portò personalmente i rotoli dei suoi quadri nel viaggio di ritorno in Italia per presentarli nel padiglione del futurismo italiano alla XX Biennale di Venezia del 1936. In quest’occasione B. Mussolini acquistò Combattimento Debrambà (Milano, collezione privata). Nello stesso anno alcuni dei dipinti già esposti e altri di carattere analogo furono inclusi nella II Mostra nazionale di plastica murale di Roma.