Gianni Avon Quotazioni, valore e valutazione opere

Nacque il 29 maggio 1922 a Spilimbergo da Elena Sverzut e Gino, maestro mosaicista, titolare di un laboratorio di arte musiva nella stessa Spilimbergo e poi a Udine. Dopo aver frequentato le scuole superiori a Udine, nel 1942 si iscrisse all’Istituto universitario di architettura di Venezia, ma interruppe subito gli studi perché chiamato a svolgere il servizio militare. Leggi la biografia completa

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Biografia di Gianni Avon

Nacque il 29 maggio 1922 a Spilimbergo da Elena Sverzut e Gino, maestro mosaicista, titolare di un laboratorio di arte musiva nella stessa Spilimbergo e poi a Udine. Dopo aver frequentato le scuole superiori a Udine, nel 1942 si iscrisse all’Istituto universitario di architettura di Venezia, ma interruppe subito gli studi perché chiamato a svolgere il servizio militare. Si laureò l’11 febbraio 1947, discutendo la tesi Casa al Lido di Venezia. Tra i suoi compagni di corso vi erano gli esponenti di una fortunata generazione di architetti friulani o legati a quest’area geografico-culturale: Marcello D’Olivo, Rinaldo Fabbro, Angelo Masieri, Edoardo Gellner, Bruno Morassutti, Fernanda e Gino Valle. Dopo una brevissima collaborazione con Marcello D’Olivo (con tre soli progetti firmati: una officina, una villa e una fontana nella fabbrica Dreher di Trieste), A. aprì il proprio studio professionale a Udine nel 1948, nei locali della azienda paterna in via S. Martino, per trasferirsi nel 1952 in viale della Stazione (ora Europa Unita) e infine (1971) nella casa-studio di via Monte S. Marco. Fra le opere prime: il Faro sul monte Bernadia (1953-1957), un monumento orientato verso il fronte russo che ricorda il sacrificio degli Alpini e dei soldati italiani nella seconda guerra mondiale. Fin dall’inizio della sua attività professionale, rappresentò il “progettista affidabile” per una committenza con cospicue disponibilità finanziarie e di elevata sensibilità culturale. Videro così la luce ville unifamiliari e appartamenti multipiano (condominî) che si caratterizzano per una ricerca raffinata dell’organizzazione spaziale, dei dettagli costruttivi, degli accostamenti materici che esaudivano le aspettative dei destinatari e che mostrano una costante attenzione per gli elementi della tradizione e i motivi della modernità, accostati con garbo e con una raffinata sintesi compositiva. Con efficacia, Nicoloso sintetizza «Avon è rassicurante anche dal punto di vista formale per la nuova borghesia imprenditrice, che nell’oggetto architettonico vede un concretarsi delle proprie ambizioni o dello status sociale raggiunto» (2000). In questa prospettiva si colloca anche l’esperienza di progettazione pubblica dei programmi INA casa, o “Case Fanfani” come venivano allora chiamati gli interventi di edilizia economica e popolare, che si rivolge a una committenza astratta, “virtuale”. Negli anni 1950-1962 A. progettò (con la collaborazione dell’ingegnere Mario Giorgetti) case INA a San Vito al Tagliamento, a Tricesimo, a Maiano, a Magnano in Riviera, a Pasian di Prato, a Monfalcone, a Tarcento. Nell’arco di tempo 1957-1962 progettò (assieme agli ingegneri Mario Bosco, Marco De Marco, Benito Vidussi) a Udine il nuovo quartiere Villaggio del Sole nella periferia ovest della città. Complessivamente l’INA casa affidò all’architetto otto incarichi per un totale di 374 alloggi. Elementi delle tipologie edilizie e delle composizioni architettoniche di questi interventi si sarebbero ritrovati nei contemporanei e nei successivi progetti di residenze per vacanze (tema che fino ad allora rappresentò il suo fare architettura) che gli furono commissionati a Lignano. I progetti e gli interventi realizzati nella nuova cittadina balneare friulana (il cui impianto urbanistico venne ideato dall’architetto Marcello D’Olivo) occupano, nel curriculum di A., uno spazio di tutto rilievo (con ben sessantotto progetti) e costituiscono il nucleo più rappresentativo della sua fortunata attività professionale. A Lignano Pineta, tra il 1955 e il 1960, A. firmò più di dieci progetti all’anno, disegnando ville (trentuno), alberghi (diciassette), condomini (diciassette) e padiglioni spiaggia. Tutto ciò grazie alla piena fiducia che la società “Pineta” ebbe nei suoi confronti. Ma fu anche il risultato della notorietà acquisita grazie alla costante presenza sulle riviste specializzate di grande consultazione dei suoi progetti corredati da una documentazione fotografica di grande effetto (quasi sempre A. si avvalse delle immagini del fotografo milanese Giorgio Casali). In ogni modo, la qualità della sua ricerca architettonica e la corretta esecuzione dei suoi progetti erano riconosciute anche nelle redazioni delle più prestigiose riviste di architettura: sue realizzazioni vennero pubblicate su «Casabella» (negli anni della direzione di Ernesto Rogers) e furono illustrate criticamente da Bruno Zevi su «L’Architettura. Cronache e storia». Contemporaneamente all’esperienza lignanese, A. si cimentò in altri progetti per località di villeggiatura e di soggiorno termale (Abano Terme, Caorle, Jesolo, Arta Terme, Cortina d’Ampezzo) dando forma ad alberghi, grattacieli, complessi residenziali e commerciali, case di cura, stazioni di servizio. Se gran parte dell’opera dell’architetto si trova nella regione Friuli Venezia Giulia e, in particolare, sulla direttrice Udine-Lignano ed è connotata da diverse declinazioni nel campo dell’abitare, altri luoghi (soprattutto Longarone, nel Bellunese) e altre tematiche (edifici pubblici) contraddistinguono la sua più che cinquantennale stagione professionale segnata da una prolifica attività (l’ultimo dei progetti firmati da A., il Restauro della pavimentazione e l’adeguamento liturgico del duomo di Tarcento, del 2005, porta il numero 448 nell’archivio dello studio). Un tratto caratteristico della sua attività è che quasi tutti i progetti sono stati realizzati, segno eloquente della capacità di interpretare le esigenze della clientela e di coniugare il momento creativo del disegno di architettura con la conduzione del cantiere edile. Dal 1964 e fino al 1972 partecipò alla ricostruzione di Longarone dopo la catastrofe del Vajont. Progettò l’interessante cimitero di Muda Maè, in collaborazione con gli architetti Francesco Tentori e Marco Zanuso, opera che ha conosciuto una notevole fortuna critica per la sua ambientazione particolarmente suggestiva, e affrontò una nuova tematica compositiva: la scuola materna e la scuola media. Sempre a Longarone, A. assunse la funzione di “coordinatore edilizio” e redasse i progetti di massima dei pianitipo e dei tipi edilizi da utilizzare nella ricostruzione. In pratica a lui e all’architetto Tentori venne commissionata la definizione delle “case a torre”, dei “blocchi in linea” e delle “abitazioni a schiera”, al fine di armonizzare le aspettative delle persone che avevano perso la casa, con l’impianto urbanistico d’intervento contenuto nel Piano regolatore territoriale, elaborato da una équipe di docenti dell’Istituto di architettura di Venezia, guidata dal rettore Giuseppe Samonà. Il risultato di questo inusuale confronto di idee avrebbe fatto dire a Francesco Tentori («Spazio e Società», 2000) che il piano dei Samonà non ebbe forse caratteristiche di avanguardia da interessare le riviste di architettura internazionali, ma fu la migliore e più operativa esperienza fatta a Longarone a quel tempo. Nel 1964 realizzò a Udine l’edificio residenziale in viale della Vittoria che gli valse la targa dell’IN/ARCH (Istituto nazionale di architettura). A partire dagli anni Settanta, A. affrontò temi di progettazione nuovi con una committenza pubblica: elaborò il riassetto e l’ampliamento di numerosi ospedali in regione (Maniago, Grado, Spilimbergo, San Daniele) nonché il padiglione materno-infantile dell’ospedale civile di Udine, ultimato nel 1984 e attuale sede della Facoltà di medicina e chirurgia (“Padiglione Petracco”) del Policlinico universitario. Progettò edifici scolastici: i complessi di Longarone (scuola materna, 1966, scuola media, 1966-1968), di Manzano (scuola materna, 1968-1972, scuola media, 1972-1979) e di Basiliano (scuola media, 1968-1980, scuola elementare, 1970-1973); più tardi, nel 1977, fu uno dei professionisti chiamati dall’Agency for International Development per la ricostruzione delle scuole nel Friuli terremotato (scuola elementare di Maniago e scuola media di Travesio, entrambe nella provincia di Pordenone). Progettò ampliamenti e ristrutturazione di municipi (Cividale del Friuli, 1965-1969; Tricesimo, 1979; Tarcento, 1981-1984). Alcune fra le sue opere più conosciute connotano luoghi significativi per la comunità: a Udine il Palazzo delle manifestazioni (che svolse e che continua a svolgere un ruolo non indifferente nella vita culturale udinese, ospitando rappresentazioni teatrali, mostre e collezioni d’arte contemporanea) e annesso complesso natatorio, la sede della ex Banca Cattolica del Veneto in piazza Libertà, il restauro della sede dell’Università degli studi nel palazzo Antonini; a Grado le nuove terme marine e il Palazzo dei congressi (con l’architetto milanese Marco Zanuso e gli ingegneri friulani Emilio Daffarra e Fabio Lovaria); a Palmanova il restauro del teatro Gustavo Modena; a Passariano numerosi interventi di restauro nel complesso della villa Manin. Dal 1983 lo studio di progettazione dell’arch. A. assunse la denominazione “Avon associati”, con la diretta partecipazione dei figli Elena e Giulio. Fu docente a contratto di composizione architettonica presso la Facoltà di ingegneria dell’Università degli studi di Udine dal 1982 al 1986. La sua attività professionale venne premiata in più occasioni: oltre al riconoscimento IN/ARCH, nel 1971 ricevette dal CONI il premio Luciano Berti e nel 1999 vinse il premio Marcello D’Olivo a Lignano Sabbiadoro. Da ricordare l’attenzione posta da A. nell’integrazione fra architettura e arredamento: significativi a questo proposito sono i numerosi progetti di arredo (filiali di banche, interni di uffici, edifici residenziali) e di complementi di arredo (poltroncine e sedie, soprattutto, realizzate da qualificate aziende friulane e italiane). Da ricordare poi i numerosi allestimenti museali e di mostre temporanee e il rilievo dato alla decorazione delle opere progettate: collaborazioni con lo scultore Luciano Ceschia per le pareti della Banca Cattolica di Udine e con il pittore Giuseppe Zigaina per il mosaico dell’atrio del Palamostre di Udine, il teatrino della scuola materna di Longarone, il pavimento musivo delle Terme di Grado). A. morì a Udine il 28 ottobre 2006.

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