Biografia di Guido Baldessari
VENEZIA (1938-2016)
Guido Baldessari nasce il 10 febbraio 1938 a Venezia in campo S. Samuele. Diplomatosi nel giugno 1959 come Maestro d'Arte, pur continuando sempre a dipingere, su consiglio del suo insegnante Maragutti, per un anno approfondisce la sua esperienza sul piano tecnico presso lo studio di design “Alfa Studio”, nelle vicinanze di Rialto, dove realizza scritte e disegni per la pubblicità. E nel contempo si iscrive alla Scuola Libera del Nudo dell'Accademia di Belle Arti di Venezia, luogo in cui incontra e conosce gli artisti Bruno Saetti e Carmelo Zotti.
Conclusi gli studi, dal 1959 al 1960 il ventenne Baldessari lavora come decoratore presso la ditta “Ceramiche San Polo” diretta dal Prof. Rosa, dove apprende ed approfondisce l'arte della decorazione e l'uso del colori per la ceramica. Durante lo scorrere quest'anno, il vecchio genere pittorico è destinato a cambiare. L'artista, ospite di un antiquario amico del padre, nei pressi di Erta Canina (a Firenze) respira le arie toscane e ha modo di osservare le opere degli artisti storici, captandone atmosfere, luci e geometrie che poi infonderà nei suoi lavori futuri.
Nel 1960 parte per il servizio militare ed è inviato a Martina Franca in Puglia. Questo luogo modifica in modo determinante il concetto di arte in Baldessari. Infatti, nei momenti di libera uscita, mentre riproduce ad acquerello e con la matita gli stupendi trulli di Alberobello, rimane progressivamente affascinato dalle composizioni cromatiche dei sassi che compongono le pareti degli case. Tale fascinazione lo porta a tralasciare l'impostazione verista e realista, concentrandosi totalmente sul dato geometrico, ora usato come substrato per creare un mondo simbolico, da cui emergono sogni e fantasie interiori dai rimandi onirici, ma sempre legati alla colorata gamma di matrice veneziana.
Ritornato a Venezia, nei primi mesi del 1962, con questa nuova concezione pittorica, viene assunto come scenografo presso il teatro “La Fenice” di Venezia. In questo ambiente, guidato anche dall'esperienza e dalla bravura del valente professor Antonio Orlandini, docente di scenografia all'Accademia di Belle Arti della città, ha la possibilità, oltre che di poter lavorare in un ambito creativo nonché di conoscere varie e valenti personalità del mondo della cultura e dello spettacolo a livello mondiale, di incrementare le proprie conoscenze tecniche. Dunque la capacità di colmare i bisogni esecutivi per costruire emozionanti scenografie baroccheggianti, come per l' “Alcina” di F. Zeffirelli, o suggestive come per “Madre coraggio” di B. Breckt, o il “Tristano e Isotta “ di G. Manzù, gli permette di maturare una forte esperienza progettuale e realizzativa che egli usa anche per creare le sue opere nonché approfondire le ricerche in campo artistico. I maggiori arricchimenti tecnici gli derivano dalle sperimentazioni di ottica che egli ha l'occasione di svolgere durante le prove prima del debutto ufficiale delle opere, in cui può osservare le traslazioni e le rifrazioni originate dai fasci di luce che colpiscono scene ed oggetti.
Nel 1964 la ricerca di Baldessari fa un ulteriore progresso. Le trattazioni incantate cedono il posto alla raffigurazione di volti fantasiosi e talvolta veritieri. Non si tratta di un ripensamento verso il realismo, ma di una espressività protesa a far trionfare la matericità coloristica rispetto alla precedente scrittura, come testimoniano i suoi onirici cardinali. A metà dello stesso anno, l'artista vive un momento cruciale caratterizzato da grandi mutamenti. Infatti, pur sperimentando con le vecchie modalità, vi è in lui ancora un'altra evoluzione, dovuta al rapporto che egli, da buon veneziano, ha con il mare ed in particolare con i fondali. Da sempre appassionato di pesca subacquea, attratto dai colori e dalle fattezze di conchiglie, alghe, stelle marine ed anemoni, decide di prelevarli per inserirli all'interno di una bottiglia e poi studiarne i vitali movimenti, i riflessi ed i riverberi che la luce crea quando li colpisce ed infine riportarli sulla tela. Questi nuovi spunti visivi e, soprattutto, le nuove forme, gli permettono di inaugurare un ciclo pittorico detto “Ontogenesi”, nel quale emergono le sue estrapolazioni provenienti dalle sinuosità dinamiche e luminose di questi microcosmi.