Biografia di Mario Bava
Mario Bava (1914 - 1980), regista, sceneggiatore e direttore di fotografia, nacque a Sanremo nel 1914. Durante la seconda guerra mondiale Bava lavorò per l'Istituto Luce, manipolando filmati di propaganda riguardanti le finte vittorie dell'esercito italiano, tra cui un inesistente attacco all'isola di Malta. Entrò fin da giovane nel mondo del cinema e collaborò subito con grandi registi, grazie al talento naturale per la costruzione di effetti speciali ed impianti di illuminazione, appresi dal padre Eugenio Bava, direttore della fotografia, scenografo e scultore agli albori del cinema italiano. Inizia a lavorare come titolista per le versioni italiane di film americani e poi comincia la sua carriera di direttore della fotografia a fianco di Rossellini, Mario Soldati, Mario Monicelli e Dino Risi. Peculiarità del suo lavoro in questo campo fu l'illuminazione e la manipolazione dell'immagine e la creazione di effetti speciali. Nel 1960 è ormai riconosciuto come tecnico e operatore di grande fama, ed esordisce nella regia con il lungometraggio "La maschera del Demonio" definito primo horror gotico italiano, interpretato da Barbara Steele, lanciata da questo film come star del filone. La pellicola incassa poco alla sua uscita (circa 139 milioni di lire), ma diventa presto un classico. Bava ne cura anche la fotografia e gli effetti speciali. Da quel momento esplora diversi generi, girando ciò che gli piace, ma tenendo sempre conto del gusto del pubblico ma è sempre con l'horror che riscuote il maggior successo. Nel 1963 dirige un film a episodi, "I tre volti della paura". Negli anni successivi il successo sarà scandito da pellicole come “Sei donne per l’assassino”, che codifica definitivamente il thriller all’italiana; nel 1971 “Reazione a Catena” che dà via al genere “slasher”. Negli ultimi anni della sua vita gira quello che è da alcuni considerato il suo capolavoro: "Cani arrabbiati" (1974) che però non arriverà mai nelle sale e verrà distribuito solo nel 1995 con il titolo "Semaforo rosso". Bava è apprezzato per le innovazioni apportate al cinema (l'uso 'fotorealistico' del colore; l'utilizzo, giudicato spropositato da alcuni critici, dello zoom) e per i temi trattati, da molti tra i più quotati registi dei giorni nostri, che lo citano spesso di rimando nei propri lavori, tra questi: David Lynch ("I segreti di Twin Peaks",1990-1991); Tim Burton ("Il mistero di Sleepy Hollow", 1999) e Quentin Tarantino che ha dichiarato che in ogni sua inquadratura c'è il genio di Mario Bava.