Biografia di Antonio Carena
Antonio Carena nasce a Rivoli nel 1925 e frequenta i corsi di pittura con Enrico Paulucci nel 1945, diplomandosi all'Accademia Albertina di Torino con il premio “Dino Uberti” per il miglior diploma. Carena opta per la libertà artistica della scuola di Paulucci, che abbraccia un colorismo fluido e vibrante, piuttosto che per l'importante scuola di Felice Casorati, dominata dal "sentimento classico" della forma. Nel 1949 Carena partecipa alla “I Mostra Art Club Internazionale”, significativa mostra itinerante presentata da Albino Galvano a Palazzo Carignano, che mette in contatto gli artisti torinesi con quelli selezionati dagli organizzatori - Prampolini, Beck, Batiss e Jarema - a Roma, e ha presentato opere di Burri, Turcato, Spazzapan, Dorazio, Severini e Sironi.
Nei suoi primi anni, la pittura di Carena si muove verso un'astrazione ampia, spaziale e strutturale, con strati cromatici scuri e una cadenza vicina a Soulages. A soli 25 anni fu invitato ad esporre alla XXV Biennale di Venezia del 1950, dove presentò la sua opera del 1949 “La Finestra”. I primi tentativi informali di Carena, tra i primi in Italia, nascono tra il 1950-1951 e sono legati a un profondo disagio esistenziale. Opere come “Grate” (1950), “Composizione” (1951), “Data” (1951), “Controluce o Grata” (1952), “Religiosità entro un movimento” (1951-1952), e “Grata libera” (1952) sono dominate dalla metafora della chiusura dei cancelli. Prevalgono le tinte scure, con piccole aperture di luce (o di cielo) che creano tensione e si arricchiscono di dinamici segni-colore. Carena utilizzava tipicamente la tempera su tela con smalto industriale e rolla. Questi pezzi furono esposti nella sua prima mostra personale al Circolo Eurpa Giovane di Torino nel 1955, presentata da Albino Galvano, che seguì da vicino il giovane artista dai primi anni Cinquanta. Tra il 1955 e il 1958, il triennio che precede la mostra a Notizie, si rivela molto importante nel percorso artistico di Carena. La sintassi di Grate, che caratterizzò la crisi esistenziale del 1950-1953 coniugando i sentimenti con la tecnica pittorica dell'Informale, passò in secondo piano, sostituita da una materia cosmica e dall'oscurità con brevi lampi di luce rappresentati da quadri intitolati “Situazioni” (1957) o “Visioni” (1958). Carena ha utilizzato tempere su tela, collage, graffi, strappi e polvere per creare pieghe sottili e lievi ondulazioni sulla superficie, il tutto riservato a toni tenui che vanno dai colori scuri della terra ai fondi neri. Dalle trame dell'Informale nasce il suo dichiarato amore giovanile per Caravaggio e Turner, due culture artistiche del passato che hanno avuto un notevole impatto sull'Informale europeo e americano, grazie al loro rapporto con l'ombra e la luce.
Il 1959 è significativo anche per la partecipazione di Carena ad "Arte Nuova" a Torino, e per due grandi rassegne nazionali che affiancano la scena contemporanea ai maestri storici: la "Pittura di Morgan" a Rimini (la cui commissione comprendeva Arcangeli, Carluccio e Valsecchi ), e l'XI Premio Internazionale Lissone (il cui comitato di coordinamento comprendeva Argan, Lassaigne, Restany e Tapié).
All'inizio degli anni Sessanta, Carena sposta la sua attenzione verso la dimensione oggettuale del manufatto artistico desunto dall'iconografia urbana e consumistica enfatizzata dalla nascente cultura pop. Tuttavia, nel 1965, inventa il suo magnifico Trompe-l'œil dipinto “Cieli” su lamiera, segnando una nuova svolta creativa per Carena. Dopo aver lavorato intensamente per quindici anni, dalla Grata del 1950 dove scuri segni grigliati lasciano filtrare la luce (e il cielo) alle lattiginose colate di Materism e dei primi Cieli del 1958 e dei Ghiacci del 1959, dove si apre lirica effusione in uno spazio luminescente, Carena ha realizzato la conquista di uno spazio-luce aperto e arioso.