Biografia di Fernando Cerchio
Fernando Cerchio (1914 - 1974), nato a Luserna S. Giovanni (in provincia di Torino), dopo avere frequentato la Scuola di Belle Arti nel 1939 lo troviamo frequentante il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, iscritto al corso di regia. Alla metà degli anni ‘30, come tanti altri studenti italiani Cerchio partecipa ai Littoriali, manifestazioni artistico-culturali o sportive organizzate dal Partito Nazionale Fascista e promosse dal Ministero della Cultura Popolare. Fernando Cerchio partecipò a ben quattro edizioni, una per ogni anno accademico. Nel 1938 aveva cominciato a lavorare al montaggio presso l’Istituto LUCE che qualche anno dopo gli commissiona anche dei documentari. Il suo primo lungometraggio ha come titolo La buona fortuna girato nel 1943-44. Cerchio, dopo la guerra, intenzionato a scendere dal carro dei perdenti, nell’anno della Liberazione dell’Italia del nord dal nazi-fascismo gira a Torino un film-documentario che strizza l’occhio alla Resistenza piemontese. E’ il 1945 e si tratta di Aldo dice 26×1. E’ sempre a Torino che Fernando Cerchio firma il suo primo film come regista nel 1948. E’ la trasposizione cinematografica di Cenerentola, basata sull’opera lirica di Rossini. Negli anni ’50 l’attività procede con un film dopo l’altro: Il bivio, Il figlio di Lagardère, Il bandolero stanco, Lulù, Addio mia bella signora, Il visconte di Bragelonne, I misteri di Parigi, La Venere di Cheronea, Giuditta e Oloferne, Il sepolcro dei re, Nefertite regina del Nilo, Totò contro Maciste (1961), Totò e Cleopatra (1963), Totò contro il Pirata Nero (1964), Lo sceicco rosso e Col ferro e col fuoco, lo spaghetti-western Per un dollaro di gloria (1966) e filma la trasposizione cinematografica di Il marchio di Kriminal, datato 1967. In quello stesso anno esce Segretissimo, sulla scia del successo della saga dello 007 di Fleming. Come regista il più delle volte Cerchio veniva sbrigativamente liquidato come onesto artigiano della macchina da presa. Faceva parte di quella grande famiglia che a Roma veniva detta “di cinematografari”, in gergo colloquiale capitolino il termine stava ad indicare tout-court la variopinta gente di cinema, il popolo multiforme della Cinecittà che fu. Morì a Mentana, in provincia di Roma, nel 1974.