Biografia di Vittorio Corona
Vittorio Corona nasce a Palermo nel 1901. Il suo percorso artistico inizia a Palermo alla fine degli anni '10, guidato dal pittore Giovanni Varvaro. Frequenta l'Accademia di Belle Arti, conseguendo l'abilitazione all'insegnamento del disegno, ma ben presto si allontana dall'ambiente accademico per entrare in contatto con i futuristi. Tra la fine degli anni '20 e l'inizio degli anni '30, diventa uno dei pittori più noti del "Secondo Futurismo", affermando il proprio stile personale in opere molto apprezzate da F.T. Marinetti e Giacomo Balla. A metà degli anni Trenta, per esigenze familiari, fu costretto a lasciare Palermo e ad accettare incarichi di insegnamento in giro per l'Italia, stabilendosi definitivamente a Roma nel 1956. In questo periodo, pur isolato dai circuiti artistici ufficiali, continuò a lavorare intensamente, dedicandosi alla ricostruzione e rielaborazione di opere futuriste disperse durante i bombardamenti di Palermo, oltre a realizzare una notevole serie di nuovi dipinti ad olio, tempere, acquarelli e disegni. Nel 1926 apre a Palermo una casa d'arte insieme alla moglie Gigia, autrice di raffinati arazzi su disegno del marito. Dal 1927 partecipa alle principali rassegne futuriste nazionali e internazionali e alle più importanti rassegne di pittura italiane, con opere come La caduta delle stelle, Onda marina + Sirene, Vegetazione, Armatura d'amore, Dinamismo aereo, Supermarino e Raffiche di Wind, che ha riscosso un notevole successo. Scrive Eva di Stefano in Vittorio Corona (Sellerio, 1983), “il rapporto tra Vittorio Corona e il Futurismo, che negli anni Cinquanta e Sessanta si sviluppa in una particolare forma di “neofuturismo”, è stato analizzato da Enrico Crispolti nella monografia Vittorio Corona attraverso il Futurismo (Celebes, 1978) che ha fornito "per la prima volta un adeguato profilo storico-critico" del pittore. "Corona, al di fuori delle mostre ufficiali, del fracasso e delle polemiche... esprimeva il suo amore per la natura e per la vita in centinaia di acquerelli, tanti disegni e dipinti... Forse solo una solitudine così dolorosa e una vita così gravosa avrebbero potuto permettere all'artista di ritrovarsi con la natura e la poesia, in modo così diretto, semplice ed essenziale. La dolcezza del tocco, la traccia sottile del disegno, la grazia e la naturalezza dell'immagine enfatizzavano lo spettatore... Dipingere questi acquerelli deve averlo aiutato a vivere, riposarsi ed esaltarsi. Ora hanno il potere di consolare gli altri, come solo l'arte sa fare".