Biografia di Anselmo Francesconi
Nato a Lugo di Ravenna, Anselmo Francesconi frequenta il Liceo artistico della sua città natale, dove si diploma. Si iscrive poi all'Accademia di Belle Arti di Bologna, laureandosi nel 1945. Nello stesso anno parte per Milano: frequenta nuovamente l'Accademia di Belle Arti di Brera e si laurea prima in pittura (con Aldo Carpi nel 1947), poi in scultura (con Marino Marini che nel 1950 gli assegna la lode). Studia l'arte iberica in Spagna grazie a una borsa di studio e poi, nel 1951, si stabilisce a Parigi, dedicandosi per qualche anno esclusivamente alla scultura. Lavora poi a Milano, Panarea, Parigi e Londra, indirizzandosi poco a poco sempre più verso l'esperienza pittorica. Infatti, dagli anni Sessanta, i cicli pittorici si susseguono: "Il Massacro", "Telentropo" (Robot), "Le porte", vani che si chiudono sulle tragedie ma poi si riaprono sull'uomo, per ritrovarlo e afferrarne la realtà. Infine "Le Maschere", oggetti che apposti al volto fissano un'immagine parziale irrigidita su un ruolo o atteggiamento, scelto o imposto ma in ogni caso grottesco, tragicomico, esacerbato: un'altra forma di alienazione.
Gli ultimi cicli si intitolano "Baccanali" e "Dinamici": il movimento fisico rappresenta la rivolta dell'individuo che contrappone la propria energia corporea ed elementare alla falsa complessità della società tecnologica e all'orgia dei consumi. In questi quadri, il ritmo indiavolato della danza popolare si confonde con quello della folla in rivolta. Ogni ciclo corrisponde a un'esigenza profonda dell'artista, che per manifestarsi cerca ogni volta il linguaggio più adatto. La sua personale visione del mondo e dell'arte, infatti, non ha mai assecondato le tendenze artistiche del momento ma invece spesso le ha precedute. "Il Massacro", per esempio, è un'energica e drammatica reazione di fronte alla violenza inflitta impunemente a un intero popolo. Il "Telantropo" invece ha preceduto di un buon decennio l'avvento delle "guerre stellari": lo sviluppo vertiginoso della tecnologia e i suoi effetti negativi, in parte ancora sconosciuti, sull'uomo e sull'equilibrio precario della natura, sono oggi di grande attualità. Dal 1970 al 1973, Anselmo ne aveva già intuito e prefigurato i problemi. Infine i "Dinamici", degli anni 80, fanno pensare al popolo di Seattle e alle loro forme di manifestazione e di lotta. Nel 1982 la scultura gli sboccia nuovamente fra le mani: Anselmo riempie casa e atelier con decine e decine di esseri antropomorfi in legno, a mezzo tra il mondo animale e quello vegetale, che chiamerà "Selva", e che avrebbe voluto realizzare in un secondo tempo in ferro o in altri metalli. In questa esplosione plastica e scenografica, l'artista esprime un amore panico per la vita in ogni sua forma, per l'universo, dove l'uomo non agisce più da dominatore e sfruttatore della natura, ma come elemento integrato in un conglomerato vitale vasto e complesso. Dal 1996 al 2004, anno della sua scomparsa, Anselmo ha vissuto e lavorato a Milano.