Biografia di Max Huber
Max Huber (Baar, 5 giugno 1919 – Mendrisio, 16 novembre 1992) è stato un designer e docente svizzero, la cui attività si è svolta prevalentemente in Italia.
Iniziò come incisore, studiando alla Kunstgewerbeschule di Zurigo, ma subito si indirizzò, grazie ai celebri fotografi svizzeri Werner Bischof e Alfred Willimann, verso una cultura visiva di stampo contemporaneo, influenzata dai movimenti d'avanguardia dell'epoca, tra cui il futurismo russo. Nel 1939 venne chiamato a collaborare all'industria grafica Conzett & Huber. Qui incontrò Max Bill e Hans Neuburg. Nel 1940 si stabilì a Milano, collaborando con la realtà grafica più importante dell'epoca, lo studio Boggeri, studiando contemporaneamente all'Accademia di Brera ed entrando in contatto con designer quali Bruno Munari e Lica e Albe Steiner. Dopo una parentesi in Svizzera (1941-1945), dove lavorò per la rivista Du e prende parte all’Allianz (artisti d'arte astratta), tornò in Italia e iniziò la collaborazione con Giulio Einaudi, per il quale rinnovò tutta la grafica della sua casa editrice. Nel 1948 elaborò la grafica della nuova testata economico-finanziaria 24 Ore, il cui direttore Piero Colombi era suo amico personale. Nel 1950 disegnò marchio e logotipo per La Rinascente.
Con Achille Castiglioni e Erberto Carboni progettò importanti allestimenti, quali RAI, ENI, Montecatini e varie mostre della radio: la sua attività lo portò a distinguersi anche nel campo editoriale e collabora con importanti aziende quali Legler, Olivetti, Esselunga, Feltrinelli, Istituto Geografico De Agostini. Fu attivo anche nel campo dell'insegnamento, presso l'Umanitaria di Milano (1959-1962), alla Scuola Politecnica di Design (anni settanta), alla CSIA di Lugano. Fu socio dell'AGI, Alliance Graphique Internationale. Huber ricevette il premio Compasso d'Oro nel 1954 grazie al progetto Plastica stampata per l'azienda italiana Stabilimenti Ponte Lambro. Nel 2005 viene inaugurato a Chiasso il MAX, Museo Max Huber, che raccoglie l'eredità del maestro ed è diretto dalla vedova, la giapponese Aoi Kono.