Biografia di Kon Ichikawa
Kon Ichikawa è nato a Ujiyamada nel 1915. Appassionato di disegno, ha studiato in un istituto tecnico di Osaka prima di entrare a far parte degli studi della compagnia JO, che in seguito sarebbero diventati parte di Tōhō. Inizialmente si è occupato di animazione ma successivamente è stato inserito nel gruppo degli assistenti alla regia. Nel 1946, ha diretto il suo primo film, Musume Dōjōji (The Maiden at Dōjō Temple), un film di marionette ispirato al tradizionale teatro bunraku, che considera uno dei suoi film di maggior successo fino ad oggi. All'inizio degli anni '50, il nome di Ichikawa era principalmente associato a una serie di commedie noir influenzate da Hollywood, che affrontavano anche questioni sociali. Tuttavia, furono i suoi due film antimilitaristi di questo periodo, Biruma no tategoto e Nobi, a dare un riconoscimento internazionale al suo cinema. Il primo racconta la storia di un soldato che, dopo la guerra, decide di non tornare a casa e, vestito da monaco buddista, seppellisce i corpi lasciati sul campo di battaglia. Quest'ultimo, basato su un romanzo di Ōoka Shōhei, segue un gruppo di soldati che sopravvivono praticando il cannibalismo. In seguito, Ichikawa perse la sua scintilla creativa e, nonostante avesse diretto un gran numero di film di ogni tipo e genere, alcuni dei quali interessanti, non riacquistò la continuità del periodo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Della fase successiva della sua carriera si può ricordare il successo commerciale di Inugami ke no ichizoku (1976, The Inugami Family), basato su un romanzo giallo di Yokomizo Seishi, un popolare autore le cui opere sono state adattate più volte per il cinema. Altre opere degne di nota includono Sasame yuki (1983, The Makioka Sisters), basato sul capolavoro di Tanizaki, e il remake di Biruma no tategoto (1985). Ichikawa si distinse da Kurosawa Akira, Kinoshita Keisuke e Kobayashi Masaki per il suo maggiore eclettismo, una propensione verso commedie aspre e pungenti, spesso intrise di cinismo e umorismo nero, e per il suo uso frequente di grandi opere della letteratura giapponese moderna e contemporanea. Pur legato a modelli di rappresentazione classica, in diverse occasioni si è distinto per l'originalità delle sue soluzioni espressive, in particolare nell'uso del widescreen, del deep focus e del colore.
