Ernesto Lapadula Quotazioni, valore e valutazione opere

Trasferitosi a Roma dalla nativa Pisticci (MT), si laurea nel 1931 presso la Scuola superiore di architettura, diretta da Gustavo Giovannoni, con un progetto per la Casa del fascio di Taranto. Ancor prima della laurea, aveva iniziato sia la sua attività professionale nel 1927 con il progetto relativo al concorso per i monumenti funebri, sia quella di articolista e vignettista, con lo pseudonimo di Bruno di Lucania. Leggi la biografia completa

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Biografia di Ernesto Lapadula

Trasferitosi a Roma dalla nativa Pisticci (MT), si laurea nel 1931 presso la Scuola superiore di architettura, diretta da Gustavo Giovannoni, con un progetto per la Casa del fascio di Taranto. Ancor prima della laurea, aveva iniziato sia la sua attività professionale nel 1927 con il progetto relativo al concorso per i monumenti funebri, sia quella di articolista e vignettista, con lo pseudonimo di Bruno di Lucania. Aderisce al Miar (Movimento italiano di architettura razionale) costituitosi nel 1928, a seguito della I Esposizione di architettura razionale organizzata a Roma da Adalberto Libera e Gaetano Minnucci, e inizia la sua collaborazione con altri architetti della Scuola romana, in particolare con Giuseppe Marletta, con cui lavorerà dal 1929, anno del progetto per la sistemazione di Villa Bellini del centro di Catania, al 1933 col concorso per la Pretura del quartiere Appio a Roma.
Nel 1933 partecipa insieme con Antonio Valente al concorso per il padiglione italiano all'Esposizione di Chicago, vinto da Mario De Renzi e Adalberto Libera.
Gli anni dal 1933 al 1937 sono quelli di più fervida attività: partecipa, infatti, a diversi concorsi per la costruzione delle preture, dei palazzi postali e, insieme con Vittorio Cafiero, Mario Ridolfi ed Ettore Rossi, a quello per il Palazzo del Littorio, bandito dal Partito nazionale fascista d'intesa con il Governatorato di Roma e l'Accademia d'Italia in due fasi diverse, dapprima nel 1933 e poi nel 1937. Particolarmente degna di nota è la Casina nautica della Fondazione Cavalieri di Colombo sul lungotevere Flaminio a Roma del 1934, dall'impronta spiccatamente razionalista.
Nel 1937 partecipa al concorso per l'Esposizione universale dell'E42 realizzata a Roma per celebrare il ventennale del regime, in cui risulta vincitore il progetto della terna Bruno Ernesto Lapadula, Giovanni Guerrini, Mario Romano, realizzando una delle opere più note, il Palazzo della Civiltà italiana.
Il progetto, rivisto in parte dal maestro Piacentini, esalta l'indirizzo classicista, successivamente teorizzato dallo stesso Lapadula in suo scritto del 1948 intitolato La teoria delle proporzioni astratte.
Intanto, il 9 giugno 1939 il Comitato per la Mostra della civiltà Italiana, da tenere all’i nterno del "Colosseo quadrato" diretto da Cipriano Efisio Oppo, affida l'incarico di progettazione della mostra a quella stessa terna che aveva progettato il palazzo, nominando nel 1941 Bruno Ernesto procuratore, perché «agisca per tutti gli affari inerenti alla progettazione artistica della Mostra della civiltà italiana…», mostra progettata con una dovizia di particolari, ma di fatto non realizzata, causa l'entrata in guerra dell'Italia.
Accanto all'attività professionale, si colloca quella accademica presso la Regia università di Roma, dove è assistente presso la cattedra di Disegno architettonico e rilievo dei monumenti dal 1940 al1948, e presso l'Accademia di belle arti di Roma, dove insegna Architettura degli interni.
Nel 1942, insieme col fratello Attilio, vince il concorso per la sistemazione urbanistica e architettonica della città di Bratislava e il concorso per la piazza dei Ministeri nella stessa città, progetti dall'indirizzo classicista della Scuola romana, che ottengono grande apprezzamento.
Negli anni della ricostruzione industriale, dopo aver progettato nel 1948 la sopraelevazione del Municipio di Pisticci, lascia l'Italia per recarsi in Argentina, dove insegna composizione architettonica presso l'Università di Cordoba ed Urbanistica presso la locale Scuola di architettura, oltre a lavorare come consulente del Governo delle province di Cordoba, Catamarca e Salta per lo studio dei piani di assetto urbano. In questo periodo scrive la maggior parte dei suoi scritti, di urbanistica e storia della pianificazione urbana, oltre a collaborare con la rivista «Historia del Urbanismo» dell'università di Cordoba.
Bruno Ernesto si spegne a Roma nel 1968, lasciando l'eredità delle proprie carte al fratello Attilio che porterà avanti l'attività dello studio, dove attualmente sono conservati gli archivi di entrambi.

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