Biografia di Gianfranco Notargiacomo
L’intera opera di Gianfranco Notargiacomo rappresenta una ricerca sul senso stesso del fare arte, sia da un punto di vista filosofico, sia linguistico e gestuale. A volte questi tre approcci si mescolano fra loro, come nel caso della serie dei grandi ritratti a campiture in smalto del ciclo Storia privata della Filosofia, delle sculture di lamiera dipinta intitolate Takète o del ciclo Tempesta e Assalto, in cui citazioni preromantiche e influssi turneriani, filosofia del linguaggio e gestualità pittorica interagiscono.
Nato nell’immediato dopoguerra, Gianfranco Notargiacomo risente di molteplici influssi che vanno dalle avanguardie storiche all’espressionismo astratto.
Negli anni ’60 del boom economico e delle contestazioni, prende parte al contemporaneo clima concettuale che si va delineando, fino a inaugurare, tra i pochi protagonisti iniziali, la stagione del ritorno alla pittura che contraddistinguerà la fine degli anni ’70 e la prima metà degli anni ‘80.
Il suo lavoro include pittura, scultura, carte, performance – all’epoca definite azioni – e l’utilizzo di molteplici materiali fra i quali smalti e acrilici, plastilina, lamiera, tessuti, gesso, legno, metallo, strumenti tipografici e altro ancora.
Gianfranco Notargiacomo nasce in Italia, a Roma, nel 1945. Poiché l’arte è una sua passione precoce, a dieci anni viene accompagnato alla Quadriennale, dove è folgorato dall’opera di Emilio Vedova e Alberto Burri. Questo evento deciderà quali saranno le sue influenze iniziali. In seguito anche gli artisti americani, in particolare Franz Kline, saranno suoi punti di riferimento nella prima fase giovanile.
La vendita dei primi quadri, a diciassette anni, gli permette di comprare un giubbotto, delle camicie e un motorino, facendolo riflettere sulla connessione tra fare arte e il suo impatto sulla realtà.
Più tardi, proprio per conoscere le ragioni profonde della pittura, Gianfranco Notargiacomo si laurea in Filosofia (Estetica) con Emilio Garroni alla Sapienza di Roma.
Negli anni ’60 il mondo si riapre. Nel 1969, la sua azione presso la Galleria Arco d’Alibert consiste in una vera e propria performance: per una sera vengono ospitati in galleria i banchi di abiti vintage del mercato di Porta Portese. I capi venduti sono contrassegnati, come normalmente in uso negli abiti di sartoria, da un’etichetta con il nome dell’autore e della gallerista Mara Coccia: “Gianfranco Notargiacomo for Mara Coccia Rome”, che conferisce agli abiti il carattere di unicità dell’intera operazione.
Nel marzo 1971 la sua prima mostra personale è a Roma, alla Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis. Il titolo è Le nostre divergenze. Gli oltre duecento omìni in plastilina colorata Pongo che invadono la galleria in tutti i suoi spazi, sembrano rispecchiarlo perfettamente. Durante questa prima mostra, definita nell’Herald Tribune da Edith Schloss come “The most surprising show”, viene chiamato da Scheggi a insegnare quale suo assistente, presso l’Accademia di Belle Arti de L’Aquila dove, già dal successivo anno accademico sarà titolare dei corsi di Psicologia della Forma e Teoria della Percezione.
Nel ’72 è invitato da Gian Tomaso Liverani a entrare nella galleria La Salita. Esporrà in entrambe le gallerie: La Tartaruga e La Salita. Tra le varie mostre che seguono, la doppia personale Autoritratti a La Salita nel dicembre 1973, appare decisiva per affermare la volontà di dipingere… all’inaugurazione sono presenti solo il gallerista e gli artisti. Questa mostra è preceduta di un giorno da un’altra doppia personale al Palazzo delle Esposizioni dove, in omaggio a Piero Della Francesca, espone un uovo sospeso dal centro della cupola dell’edificio, quasi a chiudere ogni esperienza concettuale.
Nel 1974, presso la galleria La Tartaruga, Storia privata della filosofia: le tele raffiguranti i 10 filosofi considerati fondamentali – ci sono anche Croce, Husserl, Wittgenstein, Marx – costituiscono un ulteriore, decisivo passo verso il ritorno alla pittura. Sempre dalla frequentazione con Plinio nasce, nel 1976 a La Tartaruga, la mostra dedicata a Freud, Famiglia Famiglia.
Con Takète e Tempesta e assalto (1979-1980, galleria La Salita) il suo linguaggio assume quella definitiva inclinazione verso un’astrazione più di impeto, che lo contraddistingue e lo vede tra i protagonisti della post-astrazione. I segmenti metallici della scultura denominati Takèteintraprendono un dialogo con la pittura, trasmettendole continua energia.
Lo sottolinea Mariastella Margozzi in un suo testo critico: “Tempesta e Assalto, la mitica traduzione che di Sturm und Drang se ne fece in Italia, è per Notargiacomo il grido con cui rompere ogni indugio e avventurarsi attraverso una nuova visione epica della contemporaneità. “Tempesta e assalto” diventerà il titolo di una serie di dipinti nei quali si distende e potenzia quella cromia grigio-argentea e nera dei takète precedenti in una rappresentazione di cieli tumultuosi, illuminati da lampi intermittenti, da scintille vulcaniche in una densità di immagine che vuole avvicinare e mescolare cielo e mare, onde e nuvole”.
Nel 1980 incontra Flavio Caroli. Dall’amicizia e dalla stima che li legano nascono una serie di mostre. La prima, Magico Primario, presso il Palazzo dei Diamanti a Ferrara (1980), è un enunciato e avrà seguito in numerose, ulteriori mostre. Insieme a Caroli compie numerosi viaggi all’estero, come quelli negli Stati Uniti a Chicago e New York, a Londra, o in Australia per la Biennale di Sydney.
In questi anni nasce il profondo rapporto con Emilio Vedova, che conosce di persona nel corso del Convegno “Comunicazioni di lavoro di artisti contemporanei” presso l’Università La Sapienza di Roma, organizzato da Maurizio Calvesi e Simonetta Lux. Vedova lo segnalerà in seguito per il Premio della Presidenza della Repubblica presso l’Accademia Nazionale di San Luca.
Nel 1982 è invitato da Luciano Caramel alla Biennale di Venezia nel Padiglione Centrale, dove nella prima sala è presente Emilio Vedova. Vi partecipa con due tele di grandi dimensioni: 1950 Nuvolari e Omaggio a Lorenzo Lotto, oggi conservate rispettivamente al Macro di Roma e alla Pinacoteca di Jesi.
Nel 1986, è invitato da Maurizio Calvesi alla Biennale di Venezia in Sculture all’aperto, dove espone un Takète alto sei metri, in metallo dipinto con smalto industriale, oggi conservato al MACAM di Maglione Canavese, museo ideato e realizzato da Maurizio Corgnati cui lo lega stima e amicizia.
Tra le mostre personali di questi anni si ricordano: Castel Sant’Elmo a Napoli (1981), curata da Flavio Caroli; Officine & Ateliers, Casa del Mantegna, Mantova (1982), dove realizza la prima delle grandi opere dal titolo Nuvolari, oggi proprietà della Provincia di Mantova. A proposito dell’opera afferma: “Nuvolari è la velocità. Anche nel nome lo è.
Ero a Mantova, a pochi passi dalla sua casa, quando ho realizzato il primo di quei quadri grandi e veloci, pensati a lungo e realizzati entrando in fretta nella tela. Il titolo, che era un enunciato, non poteva che essere Nuvolari”.
Poi, fra le altre: al Museo Diego Aragona Pignatelli di Napoli (1983); Museo Laboratorio dell’Università La Sapienza di Roma (1995), curata da Lorenzo Mango; l’antologica al Palazzo Reale di Milano (1998), curata da Ada Masoero; Roma Assoluta, Museo di Roma in Palazzo Braschi (2004), dove un’unica grandissima opera su tavola realizzata nel nuovo studio, una ex falegnameria al Mandrione, posto vicino ai resti di un acquedotto romano, raffigura una Roma vista dall’alto, in cui affiorano i segni del passato. L’opera è oggi proprietà del Comune di Roma e si trova nella sede della Sovrindendenza Capitolina ai Beni Culturali. La versione preliminare, di eguali dimensioni, in carta intelata, viene esposto nel 2007 al Centro Borges di Buenos Aires; oggi è di proprietà della Università degli Studi RomaTre; segue l’antologica Sintetico alle Scuderie Aldobrandini in Frascati (2007), curata da Barbara Martusciello e la personale Post-Abstractismoal Centro Cultural Borges, Buenos Aires 2007; nel 2009 Le nostre divergenze 1971-2009 curata da Mariastella Margozzi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma che è oggi proprietaria delle seguenti opere: Takète 1979, Estremo Verde 1999 e Le nostre divergenze 1971/2009.
E’ in questo periodo che accanto ai Takète di varie dimensioni inizia a lavorare ai grandi tondi, dai colori accesi e spesso dissonanti.
Nel 2011 è in Cina, prima a Hangzhou, al Zhejiang Daily Ideal Culture Development Company, poi a Shanghai, al Museo Heng Yuanxiang, dove realizza due grandi Takète.
Nel 2013 al Forte Malatesta, Ascoli Piceno, l’antologica A grandi linee, a cura di Mariastella Margozzi e Stefano Papetti, che ripercorre l’attività di Notargiacomo fin dal 1971. La mostra, che vede una folla di omìni in plastilina inondare la prima sala del Forte, chiude il percorso proprio con i grandi Tondi e i Takète.
Tra le numerose collettive è invitato alla VIII e alla XI Biennale de Paris (rispettivamente nel 1973 e 1980); a Arte-Critica, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, (Roma 1981- Chicago 1982); Arte Italiana1960-1982, Hayward Gallery, Londra (1982); La forma e l’informe, Galleria Civica, Bologna, (1983); Anniottanta, Galleria Civica, Bologna (1985); Arte italiana 1960-1985, Frankfurter Kunstverein, Francoforte (1985); Arte Italiana, Museo di San Paolo del Brasile (1986); “Postastrazione“, a cura di Flavio Caroli, Rotonda di via Besana Milano (1986); alla Biennale di Sydney (1988); Italian Contemporary Art, Taiwan, Museum of Art (1990); alla XIII Quadriennale d’Arte di Roma (1999); a “Tirannicidi-Il Disegno“, curata da Luigi Ficacci, Roma, Istituto Centrale per la Grafica (2000), a Lavori in corso 10, MACRO (Galleria Comunale d’arte contemporanea di Roma) (2000); Omaggio a Plinio De Martiis, Calcografia Nazionale, Palazzo Poli – Roma (2004); L’arte e la Tartaruga. Omaggio a Plinio De Martiis, Museo d’arte Moderna Vittoria Colonna, a cura di Silvia Pegoraro, Pescara (2007); “Anni 70 Arte a Roma“, curata da Daniela Lancioni, Palazzo delle Esposizioni, Roma (2013). Per il MAAM Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz Città Meticcia, realizza a parete, l’opera di grandi dimensioni “Tempesta e Assalto ’80-’14”, Roma (2014).
E’ in Artisti Italiani del XX secolo alla Farnesina, Ministero degli Affari Esteri, Roma.
Dopo l’invito alla Biennale di Venezia nel 1982 e nel 1986, è invitato su segnalazione del filosofo Giacomo Marramao alla 54. Biennale di Venezia nel 2011 (Padiglione Italia, Venezia-Arsenale).
Dal 1979 è titolare della Cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti de L’Aquila, poi dal 1984 a Firenze e dal 1999 e fino al 2011 a Roma, dove nel 2015 riceve il titolo di Maestro Accademico Emerito.
Nel 2013, per iniziativa del Presidente della Repubblica, riceve l’onorificienza di Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Il 2 dicembre 2015 riceve in Senato il Premio Franco Cuomo International Award per l’Arte. L’8 aprile 2016, riceve il titolo di Accademico dell’Università degli Studi RomaTre, dove sono esposte in permanenza Roma Assoluta 2003, Il Caos e i Giganti 1995 e altre opere di grandi dimensioni.