Biografia di Giuseppe Antonio Petrini
Giuseppe Antonio Petrini è stato uno dei più importanti artisti del XVIII secolo ticinese, con uno stile inconfondibilmente originale tra le espressioni più alte di tutto il Settecento lombardo.
Nato nel Canton Ticino nel 1677, figlio dello scultore Marco Antonio Petrini e di Lucia Casella, si formò prima presso la scuola genovese di Bartolomeo Guidobono e successivamente, forse, in Piemonte, tradizionale luogo di lavoro per gli artisti ticinesi, entrando in contatto con l'opera del Solimena e del razionalismo pittorico di Andrea Pozzo, come citato da C. G. Ratti nella sua opera "Delle vite de' pittori scultori e architetti genovesi" (Genova, 1769).
La prima opera databile del Petrini risale al 1703, il "Sant'Isidoro Agricola" nella chiesa parrocchiale di Dubino. Le sue opere in Valtellina, tra cui molte tele e affreschi, risalgono al suo soggiorno nel primo decennio del Settecento grazie alla famiglia Perogalli di Delebio. Tra le opere eseguite per conto del parroco di Dubino, Carlo Francesco Perogalli, si trovano il "S. Pietro apostolo" (1704), il "S. Giovanni Evangelista" (1707) e il grande "Martirio di Gorcum", come anche le opere per la Compagnia del Rosario di Delebio.
Negli anni successivi il Petrini ha lavorato in Piemonte, Lombardia e Ticino, realizzando la "Madonna del Rosario" e la "Morte di S. Giuseppe" nelle pale d'altare del Santuario della Madonna di Morbio Inferiore (1726) e diverse tele e pale d'altare nella chiesa di S. Antonio Abate a Lugano tra il 1715 e il 1746. Ha inoltre creato lo "Stendardo" (1711) per la chiesa di Gentilino.
Il ciclo con l'"Allegoria delle Stagioni", esposto oggi al Museo Cantonale di Lugano, risale al periodo intorno al 1750 ed è attribuito alla committenza dei Perogalli. Segna una svolta stilistica verso lo stile del Rococò, senza tuttavia soppiantare il suo austero stile tradizionale.
Questa nuova direzione è riscontrabile in molte opere tra il 1745 e il 1752. Emergono mezze figure di santi, profeti, astronomi e filosofi dai colori freddi, spesso collocate in un'atmosfera irreale e astratta, conferendo al nuovo orientamento stilistico una profonda conoscenza e una grande apertura alle correnti artistiche contemporanee. Nonostante ciò, il Petrini mantiene sempre una tendenza alla chiarezza e alla semplificazione narrativa, rimanendo fedele alle caratteristiche del Barocchetto lombardo, meno teatrale, capriccioso e mondano del Rococò internazionale, anche nei soggetti.
La grande pala d'altare con la "Morte di San Giuseppe" presso la Collegiata di Sondrio è considerata il suo capolavoro, datato 1755.
Giuseppe Antonio Petrini è morto a Carona, in data incerta tra il 1755 e il 1759.