Si ringrazia la Prof.ssa Donatella Biagi Maino per aver confermato l'attribuzione dell'opera dopo visione dal vivo.

Pietro Fancelli, figlio d’arte – il padre Petronio era quadraturista e frescante, e spesso lo chiamò a collaborare - fu un eccellente disegnatore, oltreché un ottimo pittore, e figura di spicco dell’ultima generazione degli artisti che si formarono a Bologna presso l’Accademia Clementina di Pittura, Scultura e Architettura, scuola eccellente presso la quale fu allievo e poi professore. Visse da protagonista i tempi difficili del trapasso dall'ancien règime al nuovo corso della restaurazione ottocentesca, mantenendo ferma la barra dello stile sulla solida preparazione classicista che non piegò al trionfante verbo neoclassico, rivelandosi artista autonomo e capace di innovazioni nella realizzazione di immagini sacre, profane, pitture su muro e a buon fresco per sepolcri nel nuovo cimitero della Certosa di Bologna e producendo immaginifiche invenzioni per sipari teatrali.

L’immagine del decemviro che assiste alla morte di Virginia, leggendario personaggio romano, inflittale dal padre stesso per impedire che venisse portata a termine un'ingiusta sentenza che l'avrebbe consegnata al suo persecutore (Tito Livio, Ab Urbe condita Libri, libro III, 46), è opera di alta qualità, preparatoria per un dipinto ad olio che gli valse un importante riconoscimento accademico. Lo stesso artista informa della sua invenzione, che vede stagliarsi al di sopra del tumulto degli astanti la nobile figura del decemviro, commentando il dipinto che dunque presentò al concorso curlandese del 1791 dell'Accademia Clementina (T. Montella, in I concorsi Curlandesi, catalogo della mostra a cura di R. Grandi, Bologna 1980, p.64). Il finito, opera importante per qualità e per la storia, è custodito presso le Collezioni Comunali d'Arte di Bologna.