Lotto 115
Provenienza: nobile collezione privata veneta.
Esposizione: La pittura a Verona tra sei e settecento, Palazzo della Gran Guardia, 30 luglio-5 novembre 1978.
Bibliografia: a cura di Licisco Magagnato, La pittura a Verona tra sei e settecento, Palazzo della Gran Guardia, Verona, 1978, Neri Pozza Editore, p 202, fig. 155;
L. Ghio e E. Baccheschi, "Antonio Balestra", Bergamo 1989, p. 155, fig. 102 e p. 215.
Il dipinto apparteneva alla collezione del veronese Bernardo Ferrari, come si ricava da una incisione tratta dal dipinto di Domenico Cunego, ed è stato segnalato da Sergio Marinelli cui spetta l'attribuzione.
Il quadro è ambientato su uno sfondo scuro dal quale emerge la figura della donna e gli angioletti che le stanno intorno. La fattura delle figure è ancora affidata a morbide ombre che accarezzano e modellano le carni delicatamente. Contro lo sfondo è tutto un gioco di colori prevalentemente freddi, come il verde-acqua della veste della Santa, quello più fondo del giaciglio, il marrone della stuoia e infine l'azzurro del mantello dell'angelo; solo accento vivo è dato dal mantello rosso della Santa. La composizione assai semplice si avvale di un interessante movimento nelle figure allungate ed eleganti, armonicamente disposte una accanto all'altra; unico elemento di sottolineatura dello spazio è il libro aperto a terra e la croce disposta in diagonale e a suggerire la profondità. La fattura morbida delle figure accarezzate dall'ombra, e d'altra parte gli incarnati chiari, quasi porcellanosi della Santa e del secondo angelo da sinistra, uniti alla grazia delle pose e dei movimenti, indicano una datazione abbastanza precoce, verso l'inizio del secondo decennio, quando il Balestra nelle composizioni pare più sensibile a suggestioni rococò, ma già i personaggi sono costruiti con una precisa linea di contorno.
Ad avvalorare l'idea di una datazione intorno al 1720 circa può concorrere il confronto con due opere realizzate dopo il rientro di Antonio Balestra a Verona nel 1718, raffiguranti "Le nozze mistiche di S. Caterina" e la "Madonna del Rosario", entrambe commissionate per la Chiesa di S. Maria in Organo: le "morbide cadenze" vicine ai dipinti di soggetto profano degli anni precedenti e le "intonazioni arcadico-classiciste" (L. Ghio e E. Baccheschi, "Antonio Balestra", Bergamo 1989, p. 88) possono essere rintracciate anche nella nostra opera. I contorni e le ombre che modellano le figure, i colori raffinati e morbidi che esaltano gli elementi materiali così come la stessa atmosfera sognante dei due dipinti veronesi sono presenti anche nella "Maddalena penitente", con un accento posto sulla dolcezza della luce divina che lambisce la fanciulla più che sugli elementi drammatici, pure presenti, del teschio e della croce, configurandosi nel complesso come una composizione dalla forte impronta classicista, dove la grande tradizione chiaroscurale del '600 trova nuova luce e vita nell'incontro con la modernità del primo '700.
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