ASTA 277 - ARTE ANTICA E DEL XIX SECOLO
Lotto 138
Opera accompagnata dalla scheda a cura di Sandro Bellesi.
In buono stato di conservazione, l'opera, collocata in origine in una cornice stondata nella parte centrale, presenta, all'interno di uno spazio indefinito e apparentemente privo di profondità, la figura della Vergine Maria seduta in atto di sorreggere sulle proprie gambe Gesù Bambino, effigiato in posa eretta. Alonato da un'intensa luminosità divina, il piccolo figlio di Dio, fonte di luce esso stesso, è descritto come un infante dalla carnagione candida e dalla folta chioma bionda leggermente arricciata con una mano benedicente rivolta verso uno o più astanti ideali. Piena di tenerezza e amore materno appare la figura della Madonna, dai lineamenti perfetti e dalla pelle levigatissima evocante il lucido calcedonio rosa di Volterra, che, posta di tre quarti, è totalmente attratta dalla contemplazione del figlioletto. L'alta qualità riscontrabile nell'esecuzione delle figure si sottolinea magistralmente anche nella resa delle stoffe, orchestrate in prevalenza su effetti preziosi ricchi di smalto, alternanti, per lo più, blu lapislazzuli a bianchi perlacei e rossi corallo a verdi oliva. I caratteri di stile e le strette affinità con alcune opere di Carlo Dolci, raffiguranti la stessa composizione, consentono di poter riferire il dipinto al catalogo di questo artista. Nato a Firenze nel 1616 e figlio del sarto Andrea Dolci, Carlo, stando alle memorie storiche tramandate dall'amico e biografo Filippo Baldinucci ( Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua, Firenze, 1681-1728), fu avviato allo studio della pittura intorno ai nove anni nella scuola di Jacopo Vignali, importante pittore toscano uscito dall'atelier di Matteo Rosselli. La stretta dipendenza dallo stile di questo maestro unita alla conoscenza e allo studio delle realizzazioni di altri pittori locali d'inizio secolo, prime tra tutte quelle di Cristofano Allori, caratterizzano, sul volgere degli anni venti, le prime opere oggi note dell'artista, contrassegnate da un raffinatissimo linguaggio stilistico improntato in gran parte su un acuto realismo, ben visibile nella resa sorvegliata dei personaggi e nella cura quasi maniacale dei dettagli, eseguiti con un rigore che potremmo definire iperrealista.Sulla traccia delle fonti biografiche, dei documenti d'archivio e delle iscrizioni presenti in molti dipinti è possibile seguire in maniera puntuale l'attività del nostro, caratterizzata "da immagini dalla bellezza virginea e atemporale, ostentata dalla resa levigatissima e quasi porcellanata degli incarnati su cui si infrange una pallida luce astrale, e da un'aurea di sacralità che si coglie velatamente anche nelle raffigurazioni profane, per lo più ritratti e allegorie". Il saldo legame con le dottrine cristiane, che rimase costantemente come elemento chiave per la lettura delle sue opere e delle scelte di vita dell'artista, portarono Carlo ad aborrire la raffigurazione di dipinti sensuali o maliziosi, molto in voga nell'arte fiorentina del tempo legata essenzialmente agli insegnamenti di Francesco Furini e dei suoi seguaci, e a dedicare quasi tutte le sue pitture a soggetti sacri, per lo più Madonne con Bambino, episodi evangelici e immagini di santi. Risale al 1672 l'unico viaggio effettuato dall'artista oltre i confini toscani. In occasione delle nozze imminenti tra l'arciduchessa Claudia Felicita d'Austria con l'imperatore Leopoldo d'Asburgo, Dolci soggiornò, in tale anno, alcuni mesi alla corte di Innsbruck, dove realizzò, tra le altre opere, due ritratti della futura sposa. Al rientro in patria fu assalito per alcuni anni da una profonda crisi depressiva, che lo portò quasi ad abbandonare la sua professione. Grazie alla vicinanza della famiglia e degli amici a lui più cari, l'artista, dopo il 1675, riprese a pieno ritmo la sua attività, conclusasi con la morte nel 1687.
L'opera risulta una replica autografa di note composizioni di Carlo Dolci, il cui prototipo è riconosciuto tradizionalmente dalla critica contemporanea nella Madonna con Gesù Bambino, altrimenti nota come Madonna delle Pietre Dure per la presenza di una fastosa cornice barocca in metallo dorato e pietre dure, conservata nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti, proveniente dalle raccolte medicee. Datata erroneamente da Francesca Baldassari agli anni trenta e poi riferita da Riccardo Spinelli al decennio successivo, l'opera fu oggetto di riflessioni costanti da parte dell'artista come indicano, oltre all'opera in esame, alcune repliche, a volte quasi identiche e altre con leggere varianti, tra le quali meritano di essere ricordate, per maggiori pertinenze lessicali e per migliore qualità, una versione presso la Galleria Borghese a Roma e una nelle raccolte del Kunsthistorisches Museum a Vienna. La mancanza di memorie storiche relative alla provenienza ab antiquo dell'opera non esclude che questa possa essere identificata con uno dei quadri con Madonna e Gesù Bambino riferiti nelle documentazioni biografiche e nei referti archivistici al nome di Carlo Dolci, tra i quali compariva, appunto, una " bellissima Vergine col Bambino Gesù, che con special cura si conserva(va) nella cappella del Noviziato de' Padri di S. Marco: opera alienata dal convento fiorentino in epoca imprecisata, la cui memoria storica è stata reperita dallo scrivente solo in tempi recenti. Seppur leggermente più debole nel passaggio delle pennellate sul panno cremisi della veste della Vergine rispetto al bellissimo e citato prototipo della Galleria Palatina, l'opera, riferibile con probabilità a un momento più tardo scalabile agli anni sessanta o settanta, rivela in ogni caso la piena autografia di Dolci, come testimonia il confronto con alcune derivazioni di bottega tra le quali spicca una tela in collezione privata assegnata a Onorio Marinari: opera, quest'ultima, dignitosa ma, a tutti gli effetti, decisamente mediocre rispetto all'esemplare in esame.
Base d'asta: € 7.000,00
Stima: € 12.000,00 - 16.000,00
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