Lotto 20

Francesco Albani (1578 - 1660)

Maria Vergine in gloria d'angeli

Al retro timbri in ceralacca dogana di Bologna.

L'opera è accompagnata dalla scheda a cura della Prof.ssa Donatella Biagi Maino.

Si ringraziano la Prof.ssa Catherine Puglisi e il Prof. Daniele Benati per aver confermato l'attribuzione dell'opera dopo visione dal vivo.

Bibliografia: C. Puglisi,Francesco Albani, Yale University Press, New Haven and London, 1999, p. 182, n. 96 II;
E. Van Schaack, Francesco Albani, 1578-1666, Ph.D. thesis, Columbia University, 1969, University Microfilms, Inc., Ann Arbor, Michigan, pp.173-174.

Questa bella, sostenuta immagine di Maria Vergine sulle nubi portata da angeli è importante (ri)scoperta al catalogo di Francesco Albani.
Importante, anzi, importantissima. L’opera era infatti parte di una grande pala d’altare dipinta per la chiesa , che il pittore eseguì dopo il suo definitivo ritorno in patria da Roma, un dipinto che ebbe sorte avversa come si dirà e del quale solo di recente è stato documentato il reale portato iconografico, in precedenza noto soltanto attraverso la letteratura odeporica.
La tela, monumentale, raffigurava San Guglielmo duca d'Aquitania , e subì la sorte delle altre pitture che ornavano la chiesa, non più esistente, nell’infausta occorrenza delle spoliazioni napoleoniche che riguardarono il patrimonio artistico bolognese: nel 1799 fu sottratta dalla sede originaria. Non fu portata in Francia ma, collocata provvisoriamente in deposito in San Vitale, all’epoca della restaurazione divenne parte del patrimonio della Pinacoteca, dove è ricordata ancora in un catalogo del 1820.
La cattiva sua sorte prende avvio con la cessione a Cesare Bianchetti in cambio di alcuni dipinti e una somma di denaro per il pubblico museo, nel 1821. Non essendo il dipinto adatto per dimensioni ad una quadreria privata, il conte bolognese volle che fosse , quattro.
Artefice di quello che non possiamo che definire uno scempio fu Antonio Magazzari, che si preoccupò di offrire ai vari frammenti una leggibilità indipendente dal contesto originario, intervenendo con aggiunte di ritagli di tela che, opportunamente mimetizzati – ma vedi il condition report relativo – hanno concesso vita autonoma ai diversi dipinti.
Della grande pala rimasero al Bianchini il San Guglielmo, del quale meglio si comprende la postura grazie ad una copia settecentesca che lo vede volto all’apparizione stupenda della Madonna; il Teschio, in origine posto ai piedi del Crocefisso, che fu dal Bianchini donato al Magazzari. Sono entrambi sono custoditi presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna, dopo percorsi collezionistici diversi.
Del terzo e quarto frammento, questo probabilmente comprensivo del gruppo con gli angeli dalle ali spiegate e la giovane cui allude il gesto del personaggio lei accanto, che regge l’ampolla rilucente con gli unguenti per il sollievo del santo ferito, non si sa più nulla.
Dunque, e finalmente, dopo quasi due secoli di assenza è ricomparsa la Vergine Maria in gloria d’angeli, la luminosa apparizione della Madonna che consolò Guglielmo.
Di lei era rimasta memoria in un’incisione del 1835, una stampa che procurò al suo autore, Antonio Marchi, che la conobbe allorché era nella collezione del conte Merendoni cui il Bianchini l’aveva ceduta, un premio accademico concorsuale, ma del dipinto stesso sino al 1969 non si conosceva la sorte.
A quella data, nella tesi di dottorato Eric Van Schaack ha pubblicato una fotografia dell’opera, ricordandola in collezione privata a Bologna, avendone compreso l’appartenenza alla pala del tempio bolognese; successivamente Catherine Puglisi nell’importante monografia dedicata all’Albani nel 1999 ha recuperato la riproduzione del dipinto e ha proposto per l’esecuzione della sfortunata tela una cronologia al 1645/50. Precedentemente lo Schaack aveva indicato come termine dell’esecuzione il 1645 in ragione di quanto scritto da Antonio Masini nell’edizione del 1666 della Bologna Perlustrata, che ricorda la consacrazione della chiesa di Gesù e Maria a quella data, specificando che . Tale cronologia è stata accettata da Angelo Mazza nel catalogo della Pinacoteca bolognese.
Questa, in conclusione, la complessa vicenda dell’opera, i passaggi di proprietà testimoniati anche da due ceralacche della dogana di Bologna che sono al verso, sulla tela di rifodero; le circostanze della frammentazione, i termini dell’intervento del Magazzari, di certo interesse– si pensi alla scelta di unire le tele di innesto che riquadrano la composizione, probabilmente parti scartate del dipinto stesso, secondo un andamento serpentinato, che all’epoca, prima dell’invecchiamento dei materiali, al meglio ingannava l’occhio sulle giunte. La ricostruzione virtuale che qui si presenta concede di accostare con maggiore chiarezza l’alta qualità dell’invenzione complessa e calcolatissima messa in scena dall’Albani, fortemente impegnato alla resa, la più nobile, dell’importante pala d’altare, sino ai tardi suoi anni fedele alla vocazione al classicismo colto e raffinato che ha fatto di lui uno dei protagonisti della cultura pittorica europea nella prima metà del Seicento.
L’immagine di Maria sostenuta da puttini, gli stessi che l’Albani effigiò in termini di tenera grazia in più dipinti avendo come modelli i suoi stessi figliuoli, si qualifica come prova di intensa efficacia per la superba eleganza della postura e del gesto; il volto della Vergine celeste, illuminato dal riverbero del lume che restituisce il significato dell’apparizione, è squisito esempio di una bellezza normativamente idealizzata.

Tecnica: Olio su tela

Misure: 196.0 x 137.0 cm

Tipologia oggetto Opere su tela/tavola

Dipartimento ARTE ANTICA E DEL XIX SECOLO

Periodo Arte antica

Base d'asta: 35.000,00

Stima: 40.000,00 - 60.000,00

Il lotto sarà battuto in asta il 13 giugno a partire dalle 14:00.
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