ASTA 326 - ARTE ANTICA E DEL XIX SECOLO
Lotto 70
Firmato in basso a sinistra.
L'opera è accompagnata dalla scheda a cura di Mariolina Olivari, 1 marzo 2021.
Il pendant di Bocchi era in origine in una casa suburbana in area benacense appartenente a una illustre famiglia bresciana, da cui è stato rimosso solo negli anni Ottanta del Novecento per il restauro (effettuato nello Studio Sesti e Fagnani di Bergamo). È sempre restato di proprietà della stessa famiglia. Firmato spiritosamente su un pannicello che sfugge al cestino da pic-nic nella tela di Minerva, si può annoverare fra le prove più significative del pittore. Ricche di trovate e di buffi paradossi ben congegnati le due tele illustrano in modo paradigmatico la naturalità gioiosamente pagana del mondo in cui i nani si muovono. Il significato secondario è, come spesso accade in Bocchi, quello delle stagioni. Bacco, dio del vino, indica l'autunno, mentre Minerva, a cui vengono offerti frutti in grande quantità, personifica l'estate.
Nella tela di Minerva l'individuazione della dea è ingannevole, in quanto si potrebbe facilmente scambiarla con Cerere, dea della fertilità e della terra, spesso accostata a Bacco fin dall'antichità. Ma l'elmo sul capo e i consueti dettagli miniaturistici di Faustino, mai da sottovalutare, svelano alla base dell'erma della dea i simboli delle Arti liberali, una tavolozza (la pittura), il mappamondo ( l'astronomia), gli strumenti musicali (la musica). Minerva è qui dunque interpretata come protettrice delle Arti, secondo il significato che prevalse in ambito romano rispetto a quello, decisamente più guerresco, dei greci. Il culto era molto popolare nell'area bresciana ma soprattutto nella zona del Garda ( uno dei simboli di Minerva era l'ulivo), dove il nome della dea ha lasciato molti toponimi e testimonianze di lapidi e dedicazioni. Un rapporto significativo legava quindi le tele ai luoghi di origine e alla loro destinazione agricola. Le gioiose offerte all'erma della divinità sono accompagnate da musica e spettacolini: la scimmietta addomesticata, che balla al suono di un tamburello, era un intrattenimento popolare nelle aie e nelle strade dell'epoca. Nella processione Bocchi mescola elementi pagani ad altri mutuati con bonaria e distaccata ironia dall'ambito religioso. I cappucci a punta dei nani che reggono un cero si ispirano a quelli che contrassegnavano i disciplini bianchi e sono quindi una garbata presa in giro delle confraternite, mentre i nani dietro di loro indossano panni e copricapi che orecchiano allusivamente quelli ecclesiastici. A destra i porcellini d'India trasportano su un grazioso carrettino una coppia interessante: damina e relativo cavalier servente, elegantissimi e imparrucati, potrebbero essere molto probabilmente un buffo e poco credibile "ritratto" dei committenti.
Nella mancanza di appigli cronologici sull'attività di Faustino si può però dire con certezza che il pendant si collochi in pieno Settecento. Lo certificano l'ampiezza dell'ambientazione paesaggistica ( che, per quanto sempre mutuata da modelli alla Cavalier Tempesta, tra ponticelli, laghetti e casucce in lontananza profuma ormai di Arcadia) e proprio i costumi della coppia in primo piano, per una volta agghindata non in modo fantasioso ma secondo la moda del momento: il cicisbeo con parrucca arricciata e incipriata, la dama con ampia scollatura infiorettata e un largo cappello da campagna in voga a secolo nuovo ormai iniziato. Siamo quindi al culmine della carriera dell'artista, quello in cui, lasciati i retaggi fiammingheggianti che contraddistinsero i suoi inizi, Bocchi, ricco di una lieve e inesauribile vena inventiva, è divenuto ormai a sua volta un modello da imitare.
Bibliografia: Mariolina Olivari, Faustino Bocchi e l'arte di figurar pigmei, Jandi Sapi Editori, Milano 1990, pp.46-47.
Bibliografia in corso di pubblicazione: Storie di piccoli uomini. Un dialogo interdisciplinare sull'acondroplasia, Editore Polistampa, Firenze 2021
Base d'asta: € 6.000,00
Stima: € 6.000,00 - 12.000,00
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