Lotto 247

Giovanni Francesco Barbieri, Il Guercino (1591-1666)

San Giovanni nel deserto.

Provenienza
Già Collezione del Cardinale Giovanni Stefano Donghi, Ferrara.
Collezione privata, Lombardia.

Bibliografia
AA.VV. Un inedito San Giovanni Battista nel deserto, Pinacoteca Civica di Cento, catalogo della mostra dal 14 novembre 2010 al 13 febbraio 2011, Pinacoteca Civica il Guercino, 2010.

Esce da una dimora privata questo splendido dipinto di Guercino, uno dei più grandi maestri del Seicento emiliano e nazionale. Gli storici dell’arte, che hanno curato nel 2011 il volume specificatamente dedicato all’opera (Un inedito San Giovanni Battista nel deserto, Pinacoteca Civica “Il Guercino”), non hanno alcun dubbio sulla sua paternità, ritrovando nell’impostazione iconografica, negli aspetti tecnico-esecutivi di altissima qualità e nei particolari figurativi l’inequivocabile firma dell’artista. Va detto che Guercino era particolarmente legato a questo soggetto sacro, peraltro prediletto da molti altri pittori del Seicento, e che realizzò decine di dipinti raffiguranti San Giovanni, fra i quali, tra il 1637 e il 1661, nove a figura intera e di grandi dimensioni, tutti documentati nel Libro dei conti del Guercino (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Inv. B331, c. 32 recto). Secondo Nicholas Turner, nell’opera qui analizzata, si può riconoscere facilmente una di queste nove pale, ovvero il quadro che il pittore realizzò nel 1647 per il Cardinale Giovanni Stefano Donghi. Egli scrive infatti a tale proposito: “Vi sono buone basi stilistiche per identificare la composizione di questo dipinto a figura intera raffigurante San Giovanni Battista nel deserto con quello che il Cardinale Giovanni Stefano Donghi, Legato del Papa a Ferrara, pagò al Guercino 125 ducatoni il 18 aprile 1647. La stessa commissione viene anche menzionata dal conte Carlo Cesare Malvasia nella sua lista delle opere del Guercino eseguite nello stesso anno: ‘Un S. Gio. nel diserto, quadro grande per il card. Donghi’. Di quest'opera si era persa ogni traccia fino a poco tempo fa. Quando, all'inizio di quest'anno, mi fu mostrata una diapositiva a colori del dipinto da Davide Dotti, la mia impressione iniziale fu che la tela effettivamente pareva opera del Guercino e che, stilisticamente, fosse dell'epoca del suo periodo bolognese (1642 - 1666). Feci inoltre notare al dott. Dotti che delle varie versioni a figura intera del San Giovanni Battista nel deserto dipinte dal Guercino durante il periodo della maturità ne mancava all'appello una, nello specifico l'opera eseguita nel 1647 per il Cardinale Donghi.” Lo studioso chiude poi la sua analisi dell’opera riconoscendole il notevole valore artistico: “Non vi possono essere dubbi che il San Giovanni Battista nel deserto del Guercino ora visibile per la prima volta presso la Pinacoteca Civica di Cento, il luogo di nascita dell'artista, sia un contributo importante al catalogo dei dipinti del maestro”.
(N. Turner, Un inedito San Giovanni Battista nel deserto, p. 28. Si veda anche C. Malvasia nel suo famoso saggio Felsina Pittrice, 1841, II, p. 267). Dal canto suo lo stesso Davide Dotti, che per primo ha presentato il dipinto alla comunità scientifica, riconosce la mano certa del Guercino in alcuni tratti quali “il classicismo di sapore reniano” e “il modellato plastico del petto ed il viso con la bocca socchiusa e gli occhi imploranti rivolti verso il cielo”, oltre all’imponenza della figura collocata al centro e al cielo screziato di nubi cineree, segnalando che tutti questi dettagli si ritrovano puntualmente in altre opere del Guercino di quello stesso anno (D. Dotti, Un inedito San Giovanni Battista nel deserto, p. 21).
Inoltre, dal punto di vista tecnico-esecutivo, Dotti sottolinea come il magnifico manto rosso scarlatto, sotto il quale si intravede la pelliccia di pelo di cammello, rappresenti il brano pittorico più prezioso della tela, in cui il Guercino dà prova di grande virtuosismo esecutivo, un manto “…mosso nelle flessuose pieghe plasticamente modellate dall’intensa luce proveniente da sinistra, tanto maestoso e al contempo artificioso da calamitare l’attenzione dello spettatore”. (D. Dotti, op. cit. p. 16). Ci sono altri particolari tecnici dell’opera che ne testimoniano l’autenticità, in quanto aspetti del tipico modo di dipingere che Guercino impiegò in altre opere degli anni Quaranta e Cinquanta del Seicento. In primo luogo il pittore era solito stendere, come in questo caso, una preparazione più scura nella parte centrale della tela, destinata ad ospitare la testa, che veniva dipinta per prima, seguita poi dal corpo e dallo sfondo paesaggistico, realizzati invece su una preparazione più chiara. Risulta interessante il fatto che, in alcuni punti del dipinto qui presentato, emergono frammenti di preparazione chiara nella quale si intravede in controluce la presenza di sabbia del fiume Reno (elemento che il Guercino era solito addizionare al gesso e alla colla per conferire una densità morbidezza al risultato pittorico d'insieme). A garantire che non si tratta di una copia di bottega bensì di un’opera originale e autentica, concorrono anche alcuni pentimenti riconoscibili in modo chiaro nel pollice della mano destra che afferra la croce e nel leggero arretramento dell'attaccatura dei capelli sulla fronte, ripensamenti questi che solo il pittore può aver avuto in fase creativa. Particolare interesse ricopre infine il piede sinistro del Santo, a causa di alcuni aspetti esecutivi che avvalorano la paternità del Guercino: la forte fisicità e plasticità, nonché la straordinaria resa dell'epidermide, raggiunta “…tramite una moltitudine di filamentose e succose pennellatine di colore, in un continuo sovrapporsi di bruni, bianchi, bigi e terre”. (D. Dotti. op. cit. pag. 23). A questo proposito risulta inevitabile il confronto con la tela di Guercino San Giovanni Battista alla fonte, di New York (coll. Richard Feigen), in cui è presente una stessa postura del piede sinistro, con il solo alluce appoggiato al suolo, e altri particolari iconografici, come il paesaggio sullo sfondo, le nubi che screziano il cielo e il prezioso panneggio rosso intorno al corpo del Santo.
La tela è racchiusa entro una bella cornice coeva, realizzata appositamente per il dipinto, il cui stile riproduce moduli tipicamente emiliani: è dorata, finemente modanata e decorata ad intaglio con un motivo ad ovuli e a “grani di rosario”.

Tecnica: Olio su tela

Misure: 176.0 x 141.0 cm

Tipologia oggetto Opere su tela/tavola

Dipartimento ARTE ANTICA E DEL XIX SECOLO

Periodo Arte antica

Base d'asta: 180.000,00

Stima: 180.000,00 - 320.000,00

Il lotto sarà battuto in asta il 19 dicembre a partire dalle 15:00.
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