Lotto 73
L'opera è accompagnata dalla scheda a cura di Enrico Lucchese, 20 novembre 2021.
Un'affascinante giovane donna sta legando un filo di perle alla sua elaborata acconciatura, mentre con l'altra mano tiene una treccia di capelli biondi sul petto nudo: appare come da poco uscita dal letto, di cui si vedono forse i tendaggi sullo sfondo, ed è maliziosamente discinta, con una veste candida aperta a mostrare il morbido fianco e l'ombelico. Il lieve sorriso con cui si osserva con piacere allo specchio retto da un paggio di colore, che invece ci rivolge lo sguardo, fa il paio con l'espressione complice e ammirata della servetta che regge un cofanetto di gioie. A sinistra in basso, su un tavolino circolare, sono appoggiati un vaso decorato e un pettine coperto da un drappo rosso.
L'immagine non è assimilabile alle canoniche iconografie di Betsabea al bagno, della Toeletta di Venere e della Chioma di Berenice, soggetti erotici che potrebbero in apparenza essere qui in qualche modo evocati: manca, infatti, ogni richiamo a re David (di solito raffigurato, seguendo il racconto biblico, in secondo piano sulla terrazza del suo palazzo) e al messaggio spedito alla bella ebrea; risultano assenti, inoltre, gli amorini o altri possibili riferimenti, anche ambientali, alla mitologia greco-romana; non si vede, infine, il fondamentale attributo delle forbici con il quale la regina egizia Berenice si tagliò il ricciolo diventato costellazione.
Per la foggia dei vari suppellettili la scena in esame sembra svolgersi in una camera da letto di primo Settecento, come quella di Belinda descritta in versi di Alexander Pope alla fine del primo canto del Ricciolo rapito, il poema eroicomico pubblicato una prima volta nel 1712 e due anni dopo in edizione definitiva con quest'episodio illustrato nel frontespizio: la protagonista, appena svegliatasi, compie un'elaborata Toilet mattutine, "First, rob'd in White, the Nymph intent adores/ With Head uncover'd the Cosmetic Pow'rs/A heav'nly Image in the Glass appears" (A. Pope, The rape of the lock, An heroi-comical Poem, London 1714, p.8), cui assistono invisibili i Silfi, gli spiriti dell'aria guardiani della castità femminile. L'ostensione della treccia nel dipinto allude al "ricciolo", il vero protagonista del componimento.
Il riferimento letterario inglese rimanda al sicuro autore della tela, il veneziano Antonio Bellucci che dal 1716 al 1722 operò a Londra e dintorni, soprattutto per il primo duca di Chandos James Brydges (cfr. E. Lucchese, Per l'attività decorativa di Antonio Bellucci in Inghilterra, in "Arte Veneta" 68, 2011, pp. 164-181) che fu pure mecenate di Pope, sovvenzionando nel 1715 la pubblicazione della sua traduzione dell'Iliade (S. Jenkins, Portrait of a patron. The patronage and collecting of James Brydges, 1st Duke of Chandos, Aldershot 2007, p. 154). Sei anni dopo Bellucci decorò la parete dello scalone della londinese Buckingham House per John Sheffield con le immagini di Enea e Didone, nel solco del "classicismo letterario che vide la fortuna di Virgilio e dell'Eneide attraverso la traduzione di John Dryden e la poesia di Alexander Pope" (F. Magani, Antonio Bellucci, Rimini 1995, p. 188, cat. P9-11). Lo stesso Pope, del resto, dimostrò di conoscere le opere dell'italiano, citandolo in una lettera del 3 febbraio 1731 (The works of Alexander Pope Esq.,I, 1824, p. 382; cfr. Magani 1995, p. 68 nota 135), nella quale di difendeva dalle accuse di aver messo alla berlina nella seconda edizione del suo False Taste le decorazioni di Canons e il suo proprietario, il menzionato duca di Chandos.
A tale milieu appartiene la presente Toeletta di Belinda, che mostra le caratteristiche figure di Bellucci e la sua tipica solidità d'impianto d'ascendenza classicista, in una personale interpretazione barocchetta di Carlo Cignani e dei maestri della scuola bolognese conosciuti nel cruciale soggiorno a Vienna dal 1692 al 1703 (cfr. E.Lucchese, Addenda alla prima attività viennese di Antonio Bellucci, in "Arte Veneta" 73, 2017, pp. 184-186). Rispetto ai modelli emiliani, il veneziano adotta una pennellata più mobile e cromie maggiormente calde, assommate a una vena sensualistica che indugia sui dettagli di costume, qui esemplificati dalla veste di camera di Belinda, dai nastri tra i capelli della sua serva e dall'abito neoveronesiano del moretto.
Un precedente per questa composizione è certamente la Santa Rosali allo specchio (fig.1), eseguita nel 1706 (A. Pasian, Antonio Bellucci per Stefano Conti: La Santa Rosalia allo specchio ritrovata, in "AFAT" 29, 2010, pp. 347-349) e ancora intrisa di magniloquenza formale tardo seicentesca, mentre al periodo inglese si può far risalire pure l'altra Toeletta di Belinda che si ha avuto modo di studiare in occasione dell'asta Dorotheum del 29 ottobre 2019 (lotto 106).
Rispetto a quest'ultimo dipinto, di consistenza luministica quasi vitrea che si apparenta ai lavori (tele per soffitto e modelli pittorici per le vetrate di Joshua Price, cfr. Lucchese 2011) per il duca di Chandos della Cappella di Canons a Edgeware, nel Middlesex, consacrata nell'agosto 1720, la tela in esame mostra una condotta pittorica più materica, destinata a gamme cromatiche squillanti dopo un'opportuna pulitura, conseguente agli esiti raggiunti da Bellucci nelle decorazioni parietali della residenza di Bensberg del principe elettore Johann Wilhelm von Pfalz, databili entro l'estate del 1714 (Magani 1995, pp. 170-173 catt. 77.22-77.26, p. 229). È possibile quindi ipotizzare che la Toeletta du Belinda in esame sia stata realizzata non lontano dall'edizione definitiva del poema e dall'arrivo di Bellucci a Londra, attestato da George Vertue (note-books, I, in "The Walpole Society" XVIII, 1929-30, p.40) dall'ottobre del 1716.
Con queste informazioni, si può proporre che la Toeletta di Belinda sia stata ordinata da chi ammirava in identica misura la pittura del veneziano e The Rape of the Lock: dai menzionati duca di Chandos, la cui raccolta artistica fu dispersa in dieci giorni di asta nel giugno 1747 a Londra (Jenkins 2007, p.191), e Sheffield duca di Buckingham, ad altri illustri personaggi illustri del medesimo ambiente culturale, come lo stesso Pope oppure Georg Friedrich Handel, anch'egli protetto da Brydges, per il quale compose i celebri Chandos Anthems da suonare proprio nella chiesa di Canons decorata da Bellucci, e pure lui, dunque non così inaspettatamente, collezionista di pittura veneziana contemporanea (cfr. A. Meyric-Hughes-M. Royalton-Kisch, Handel's Art Collection, in "Apollo" 146, 1997, 427, pp. 17-23).
Base d'asta: € 15.000,00
Stima: € 15.000,00 - 30.000,00
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