Asta 346 | Arte del XIX secolo da una collezione lombarda e altre committenze
Lotto 411
Restauri.
Firmato alla base e dedicato "Alla Sig.a Scavini con amicizia".
Provenienza: Collezione Elena König Scavini, Torino; Collezione Pietro Augusto Cassina, Torino; Collezione privata, Torino.
Forse una delle opere più iconiche della produzione di Leonardo Bistolfi, "Verso la Luce" o "La Morte" è da identificarsi con un gesso di studio per il monumento funerario Abegg di Zurigo, un complesso scenico in marmo composto da due figure, la "Morte" appunto e la "Vita", che la osserva affascinata a distanza: Bistolfi iniziò nel 1912 a lavorare all'opera, che venne poi conclusa nel 1913 e collocata, come in una naturale scenografia, in una radura tra la foresta e il lago. Tutto in questo monumento corale contribuisce a creare quel senso di mistero e fascino inesplicabile che è caratteristico della poetica simbolista di Bistolfi: dalla distanza calcolata tra le due figure, alla rappresentazione della Morte non come evento tragico, ma come rinascita (fu lo stesso artista a chiamare più volte quest'opera, detta comunemente "La Vita e la Morte", "Verso la Luce", imprimendo nel titolo un significato molto diverso), tutto concorre a farne un capolavoro di poetica e modernità perfettamente in linea con le capacità visionarie di Leonardo Bistolfi, che era in grado di plasmare finanche lo spazio immateriale in modo che potesse dialogare con le sculture, riempiendole così di quella forza e di quello spirito enigmatico e affascinante che tutta la sua opera emana. Il letterato Fortunato Rizzi, visitando il monumento nel maggio del 1913, scrisse così della figura della "Morte": "[...] una donna possente, che cammina maestosa, levando gli occhi e il capo al cielo, quasi fissando l'ignoto, e irradiata da una luce misteriosa. È la Morte, ma nulla in essa di triste nonché di terribile, ha anzi un senso gioioso diffuso nel volto e nell'atteggiamento: non è la Morte, è la Rinascita". Per creare la tensione spaziale tra le due figure del monumento, Bistolfi lavorò a lungo sui modelli, partendo per la "Morte" dalla figura dell'"Alpe" del monumento funebre a Giovanni Segantini a Saint-Moritz, riconoscibile nei tratti del volto e nell'incedere del corpo, portando però questa immagine a un livello successivo di libertà nello spazio, che essa occupa completamente e con cui si mette in relazione, in un tacito dialogo con la "Vita". Di questa scultura si conoscono alcune versioni in vari materiali, tra cui il grande gesso conservato presso la Gipsoteca Bistolfi a Casale Monferrato (inv. n° S70a), oltre a una serie di busti in bronzo (uno al Museo Leone di Vercelli, un altro alla Galleria d'Arte Moderna di Milano), in marmo (Casa Toscanini, Parma) e gesso (alla Wolfsoniana a Genova, n° inv. 87.1111.6.1) e un modello in bronzo di dimensioni ridotte e molto vicine al nostro gesso (80 x 28 x 30 cm), già attestato in una collezione privata a Casale Monferrato. La nostra opera è dedicata sulla base alla "Sig.ra Scavini", ovvero Elena König Scavini, fondatrice nel 1919, insieme al marito Enrico Scavini, della poi celebre società di ceramiche e bambole in panno "Lenci" di Torino (nome derivato dal soprannome della fondatrice e dall'acronimo "Ludus Est Nobis Constanter Industria"): il dono proprio di questa figura da parte di Bistolfi a Elena König Scavini è particolarmente suggestivo, poiché fu proprio la morte della primogenita Gherda, nel 1917, a spingere la Scavini a intraprendere la creazione delle bambole Lenci, ben presto celebri in tutto il mondo, in un atto di creatività artistica che portava con sè la forza dell'affetto perduto. Non è noto quando l'opera fu donata (anche se è ipotizzabile una data tra il 1915, anno del matrimonio di Elena König con Enrico Scavini, e il 1917), ma certamente il collegamento tra la scultura e chi la ricevette sembra esprimere in pieno il senso profondo di questa immagine, una "Morte" che non è la fine di tutto, ma che si innalza "verso la luce", una figura, per usare le parole di Bistolfi, "[...] più bella assai della Vita, meno fragile, più luminosa. [...] e muta statua sarebbe forse l'immagine della Vita senza quell'imperioso enigma che l'abbacina".
Bibliografia di riferimento: R. Bossaglia, "Bistolfi", Roma 1981, n° 29.
R. Bossaglia e S. Berresford (a cura di), "Bistolfi 1859-1863, il percorso di uno scultore simbolista", Casale Monferrato 1984, pp. 117-118 e p. 240;
G. Mazza (a cura di), "La Gipsoteca Leonardo Bistolfi. Catalogo delle opere esposte", Casale Monferrato 2001 (rist. 2013).
Base d'asta: € 9.000,00
Stima: € 9.000,00 - 12.000,00
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